Banche Dati ed Ipotesi di Concorrenza Sleale
Tra le operazioni funzionali alla gestione aziendale rientrano sovente attività di ricerca ed organizzazione di dati svolte secondo criteri dettati dalle esigenze organizzative dell’azienda (ad esempio contenenti i dati di fornitori, clienti, offerte, servizi, ecc…). La presa visione di tali banche dati da parte di un’azienda che opera nel medesimo settore, può permettere alla stessa di adottare politiche economiche migliorative. In questa sede analizzeremo, in sintesi, i punti salienti della tutela giuridica che l’attuale ordinamento riserva alle banche dati qualora assumano la qualità di opere dell’ingegno poste in relazione ad ipotesi di concorrenza sleale.
Le banche di dati sono definite normativamente come una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti, sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo (punto 9 – art. 2 l. 633/41 TU Diritto d’Autore e ss. modifiche, cosiddetta LDA). La scelta effettuata dal legislatore di includere le banche dati tra le opere protette dalla LDA è dovuta al carattere di originalità che può assumere un insieme di dati raccolti secondo criteri specifici e con un eventuale scopo, costituendo in tal modo una creazione intellettuale al pari di un software o di una qualsiasi altra opera multimediale. Il criterio selettivo essenziale per distinguere una banca dati protetta dalla LDA da un mero insieme di dati, è rappresentato dal procedimento che caratterizza la raccolta e la sistemazione di tali dati. Difatti l’attività di ricerca degli stessi, la loro organizzazione secondo criteri liberamente definiti dall’autore, la loro trasposizione in forma elettronica nonché i parametri di rintracciabilità dei dati stessi, sono tutte attività riconducibili alle scelte di un creatore, e dunque alla sua ingegnosità. Nella LDA l’introduzione della tutela delle banche dati è avvenuta con l’attuazione della Direttiva 96/9/CE, mediante l’emanazione del Decreto Legislativo n. 169/99 recante per l’appunto la disciplina della tutela giuridica delle banche dati.
Il decreto ha disposto la tutela del titolare delle stesse determinando anche i diritti e doveri dell’utente che le consulta, corredando il tutto con una serie di sanzioni di tipo amministrativo, civile e penale laddove sia violata la vigente disciplina. La LDA precisa essere costitutore di una banca di dati, colui che effettua investimenti rilevanti per la costituzione di una banca dati o per la sua verifica o la sua presentazione, impegnando, a tal fine, mezzi finanziari, tempo o lavoro. Per attività di estrazione e reimpiego si intendono rispettivamente, il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o in qualsivoglia forma, ed ogni qualsivoglia forma di messa a disposizione al pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca dati mediante distribuzione di copie, noleggio o trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma. Premesso che la durata dei diritti del costitutore sulla banca dati è di quindici anni decorrenti dal 1 gennaio dell´anno successivo alla data del completamento della banca dati (nel caso di modifiche o integrazioni tale termine inizierà nuovamente a decorrere dal giorno in cui le stesse sono state realizzate), il legislatore elenca in modo tassativo all’art. 64 quinquies LDA i diritti esclusivi del creatore della banca dati consistenti nella esecuzione ed autorizzazione alla riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma della banca dati, nonché nella sua traduzione, adattamento o diversa disposizione e ogni altra modifica; in qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell´originale o di copie, o qualsiasi presentazione, dimostrazione o comunicazione in pubblico della stessa, ivi compresa la trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma, riproduzione, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico dei risultati delle operazioni di cui sopra.
Tra le deroghe ai suddetti diritti si annoverano l´impiego di una banca dati per fini di sicurezza pubblica o per effetto di una procedura amministrativa – rispondendo ciò ad esigenze di tipo pubblicistico – nonché l’utilizzo per finalità didattiche o di ricerca scientifica, non svolte nell´ambito di un´impresa, purché si indichino la fonte ed i limiti di tale accesso giustificato dallo scopo non commerciale perseguito. Quest’ultimo riferimento all’impresa ed alla non perseguibilità di uno scopo commerciale, trae origine dalla volontà del legislatore di non creare “vie di fuga autorizzate” a quelle aziende che intendano avvantaggiarsi dalla creazione delle banche dati altrui per lo svolgimento delle proprie attività, assumendo a scriminante l’espletamento di attività didattiche o scientifiche.
Occorre peraltro ricordare che l´utente legittimo della banca dati messa a disposizione del pubblico non può arrecare pregiudizio al titolare del diritto d’autore o di un altro diritto connesso relativo ad opere o prestazioni contenute in una banca dati. Ipotesi facilmente rintracciabile nel pregiudizio che può derivare all’azienda costitutrice della banca dati qualora un soggetto che sia legittimato all’uso, comunichi il contenuto o trasferisca copia di detta banca, ad una azienda concorrente. Il pregiudizio che ne deriverebbe sarebbe di notevole danno economico, ed a carico dell’agente sarebbe configurabile una violazione severamente perseguibile. Difatti le banche dati sono soggette alla disciplina della difese e delle sanzioni poste a tutela delle opere dell’ingegno (ivi inclusi dunque i mezzi a tutela dei diritti di utilizzazione economica e le relative azioni dirette ad impedire la violazione o la perpetrazione di lesioni del diritto stesso) godendo tra l’altro anche di specifica tutela penale prevista ex art. 171 bis, comma 1-bis LDA, secondo cui chiunque, al fine di trarne profitto, riproduce, trasferisce su altro supporto, distribuisce, comunica, presenta o dimostra in pubblico il contenuto di una banca dati in violazione delle disposizioni di legge, ovvero esegue l´estrazione o il reimpiego della banca di dati in violazione delle stesse, e´ soggetto alla pena della reclusione da tre mesi a tre anni e della multa da euro 516 a euro 5164.
L’utilizzo del termine profitto comporta una perseguibilità anche qualora le suddette condotte siano finalizzate ad una mera presa di conoscenza della banca dati. Mentre secondo quanto contemplato dall’ art. 171 ter LDA, è punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa sino a trenta milioni, chiunque a fine di lucro abusivamente riproduce, trasmette o diffonde in pubblico, con qualsiasi procedimento, banche dati. Stavolta il legislatore ha utilizzato il termine lucro dovendo con ciò intendersi il conseguimento di un guadagno e dunque l’aver posto in essere un’attività speculativa a discapito del costitutore della banca dati (si pensi ad esempio ad un dipendente che sia stato commissionato dalla Ditta Alfa alla riproduzione su un supporto informatico removibile di una banca dati di clienti creata dalla Ditta Beta, contenente tutti i dati circa gli ordini ed i finanziamenti effettuati dagli stessi). Una tutela essenziale alla luce della diffusione dell’utilizzo delle banche dati all’interno delle aziende, creata con un chiaro intento repressivo nei confronti di certi atti di concorrenza sleale che sono andati diffondendosi con l’evolversi degli strumenti informatici.