Art 4. L. 300 del 1970: una nuova lettura dei diritti del datore di lavoro?
Con sentenza del 10 giugno 2010 n. 20722, la Cassazione penale, V Sezione, ha ammesso la legittimità delle videoriprese fatte da parte del datore di lavoro ad un dipendente sospettato di furto mediante telecamere nascoste quali prove di reato.
In particolare la Cassazione, come già in sentenza del 4746/02, ha rilevato che i controlli difensivi atti a verificare le condotte illecite dei lavoratori siano fuori dall’ambito di applicazione dell’art. 4. L. 300 del 1970, che al secondo comma stabilisce che in caso di esigenze organizzative e produttive o di sicurezza del lavoro sia ammessa l’installazione degli impianti e apparecchiatura di controllo da cui derivi la possibilità di controllo a distanza dell´attività dei lavoratori solo nel caso di previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, in mancanza di queste, con la commissione interna e in difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvederà l´Ispettorato del lavoro.
La ratio di tale disposizione e la relativa sanzione prevista dall’art 38 si ravvisa nella tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore nello svolgimento della propria attività. Il divieto pertanto si riferisce ad ogni possibile controllo a distanza relativo all’attività lavorativa del dipendente che deve svolgere in modo libero, poiché essa “contribuisce al risultato che con il lavoro assicura all’azienda”.
Ovviamente la libertà concessa al lavoratore come la tutela alla riservatezza vanno di pari passo al rispetto da parte dello stesso del dovere di fedeltà e conseguentemente al dovere di tenere una condotta lecita nei confronti del datore di lavoro.
Qualora ciò non accada, ed il dipendente compia azioni delittuose, il datore avrà la possibilità di provare il comportamento illecito attraverso l’uso di telecamere nascoste senza previa autorizzazione, al fine di difendere il patrimonio aziendale.
La Cassazione stabilisce in definitiva che la difesa prevista dallo Statuto dei lavoratori non può sacrificare “la finalità di controllo e difesa del patrimonio aziendale”.
Di conseguenza, per tutelare la propria azienda, oggi il titolare avrà un ulteriore mezzo per difendersi su azioni commesse dal dipendente infedele. Ovviamente la sentenza è da leggersi in un’ottica di temporaneità non potendosi giustificare una allocazione di telecamere ed un posizionamento multiplo che potrebbe pregiudicare anche i diritti dei lavoratori. In sede di progettazione della adozione del sistema di videosorveglianza, dunque, dovranno essere analizzati gli aspetti relativi alla quantità di telecamere, al posizionamento, ai termini di registrazione.