I termini di conservazione delle immagini
A seguito del provvedimento dell’8 aprile 2010 la conservazione delle immagini acquisite mediante l´impianto di videosorveglianza è stata prefissata a 24 ore, salvo speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione ad indagini di polizia e giudiziari.
Tuttavia per attività che sono state definite “particolarmente rischiose” i tempi di conservazione sono più ampi, ma è fatto divieto di superare i 7 giorni. Solo su istanza di parte, il Garante della Privacy, verificato quanto richiesto e le condizioni di fatto, potrà concedere un periodo di conservazione più ampio.
In concreto la maggior parte dei casi rientrano nella previsione delle 24 ore. Tale periodo, di fatto, si rivela insufficiente e vanifica in realtà la scelta di utilizzare questo sistema di sorveglianza là dove non sia possibile presidiare continuativamente il luogo da tutelare o non sia possibile rilevare immediatamente un reato.
In particolare si pensi ad un caso di furto: tale evento può essere rilevato anche dopo alcuni giorni e non nelle 24 ore successive all’evento. Altra problematica che sorge in merito alla breve durata di conservazione è senza dubbio legata al diritto di accesso dell’interessato oggetto della ripresa, previsto dall’art. 7 del codice privacy.
Quest’ultimo in qualsiasi momento può fare richiesta di accesso ai propri dati, ma si vedrà negare la richiesta nel caso sia trascorso il lasso di tempo sopra indicato. La situazione appare del tutto illogica nei casi reati quali aggressione: con la sovra registrazione delle immagini si perderà una prova o addirittura l’unico mezzo per individuare l’aggressore.
Molte volte, infatti, il soggetto aggredito procedere subito dopo l’evento alla denuncia presso le Autorità e non a fare la richiesta di accesso. Come ben si comprende, alla fine questa situazione porta i titolari dell’impianto di videosorveglianza a mantenere oltre i limiti concessi le medesime immagini. Sebbene ciò non sia lecito, dall’altro rileva un’incoerenza normativa di fondo, e una discrasia tra realtà (le effettive esigenze dei soggetti) e legge.