La divulgazione dei messaggi scambiati in una mailing list viola la riservatezza
L´ambito nel quale, certamente, la rivoluzione tecnologica degli ultimi anni ha inciso con maggiore forza è quello delle comunicazioni: la possibilità, prima sconosciuta, di interagire con chiunque, in qualunque momento, ha radicalmente mutato le nostre abitudini di vita, segnando il progressivo abbandono delle forme tradizionali di corrispondenza e la rapidissima affermazione di modalità di scambio di informazioni del tutto nuove, neppure immaginabili qualche lustro fa.
Si pensi non solo alla diffusione dei telefoni cellulari, contraddistinta subito da una velocissima evoluzione che ne ha ridotto la funzione primaria a funzione meramente complementare di molteplici diverse applicazioni, ma anche alla posta elettronica, che ha finito con il soppiantare del tutto, ormai, nella vita privata, la corrispondenza cartacea. Anche in questo caso il nuovo strumento elettronico non si sovrappone perfettamente alla sua matrice tradizionale, ma consente tutta una serie di utilizzazioni ulteriori che sono frutto dell´implementazione delle sue caratteristiche peculiari. Si allude, ad esempio, alle mailing list, ovverosia a rubriche che raccolgono l´indirizzo di posta elettronica degli iscritti e che consentono al singolo partecipante di inviare contestualmente, e quindi anche di ricevere, messaggi e comunicazioni di vario genere. La trasmissione dei messaggi, pertanto, avviene tra una pluralità di soggetti, che appartengono, tuttavia, ad una cerchia delimitata di persone, accomunate, generalmente, dai medesimi interessi.
L´uso quotidiano di questi nuovi strumenti si riverbera, con sempre maggior frequenza, anche sulle controversie sottoposte alla cognizione dei giudici, ed è proprio la violazione della riservatezza delle mailing list che è stata oggetto di una recente pronuncia della Corte di Appello di Milano (sentenza n. 3340/2010). Il caso sottoposto al vaglio della giustizia muoveva dalla pubblicazione, su una nota testata giornalistica, di stralci di comunicazioni elettroniche scambiate attraverso una mailing list, alla quale partecipavano anche magistrati. L´articolo era corredato dai nominativi dei magistrati stessi e da altri dati ad essi riferiti, come il nome e cognome, la sede, o la posizione ricoperta.
Lamentando gravi ripercussioni nella vita professionale a seguito della pubblicazione dell´articolo, uno dei magistrati coinvolti adiva il Tribunale di Milano, che riconosceva la violazione della riservatezza della corrispondenza perpetrata in suo danno, e il conseguente diritto al risarcimento del pregiudizio patito. La sentenza veniva impugnata dal soccombente e confermata all´esito del giudizio d´appello. La Corte, infatti, seguendo la traccia già impressa all´iter motivazionale dal Tribunale di primo grado, dall’analisi del funzionamento delle mailing list ha tratto che, sebbene la comunicazione del messaggio avvenga tra e verso una pluralità di persone (e non da singolo a singolo), l´invio e la ricezione del messaggio sono delimitati ad una cerchia predeterminata di soggetti, in ciò distinguendosi dai sistemi di comunicazione a circuito aperto, quali le chat multiple ed i newsgroup, accessibili, invece, ad un numero indeterminato di utenti. Da ciò ha evinto che, risultando la comunicazione apprensibile solo dagli iscritti, la stessa ha indubbiamente carattere privato, come riconosciuto già da tempo dall´Autorità Garante per la protezione dei dati personali, la quale, con provvedimento del 16.06.1999, ha enunciato che “i messaggi che circolano via internet, nelle liste di posta elettronica e nelle newsgroups ad accesso limitato devono essere considerati come corrispondenza privata e in quanto tali non possono essere violati”. La Corte d´Appello ha quindi concluso che i messaggi di posta elettronica scambiati tra gli utenti di una mailing list chiusa costituiscono corrispondenza epistolare personale ai sensi dell´art. 5 Legge 547/93, precisando che non risulta sufficiente il consenso di uno dei destinatari per la divulgazione delle e-mail ricevute, sembrando prevalente il diritto alla riservatezza dell´autore, riconosciuto e tutelato dall´articolo 15 della Costituzione -sulla inviolabilità della corrispondenza– nonché dagli articoli 616 (violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza) e 618 (rivelazione del contenuto della corrispondenza) c.p., nonché dall´art. 13 D.P.R. n. 513/1997, sulla segretezza della corrispondenza trasmessa per via telematica. Non solo: la Corte d´Appello ha ravvisato, nella pubblicazione dell´articolo, una ulteriore violazione, questa volta del Dlgs 196/2003 (Codice Privacy): costituisce trattamento illecito dei dati, infatti, la divulgazione dei dati personali del mittente, quali nome, cognome, posizione lavorativa e sede dell´ufficio, nella parte in cui la diffusione dei dati si riveli sovrabbondante rispetto all´essenzialità della notizia. La Corte ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno conseguentemente patito, e, poiché ha giudicato provata la lesione di diritti costituzionalmente tutelati, ha ritenuto il danno sussistente in re ipsa, realizzandosi una perdita analoga a quella indicata dall´art. 1223 c.c. costituita dalla diminuzione o dalla privazione di un valore della persona umana alla quale il risarcimento deve essere commisurato.