Privacy, minori, social network e pubblicità: negli USA Facebook torna nel mirino dei genitori
Lo slogan che accoglie i navigatori sulla home page di del più diffuso Social Network, è certamente allettante e indubbiamente efficace, come dimostra l´ingente numero di iscritti: “Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita”. Circoscrivere alla facilitazione ed al mantenimento delle relazioni interpersonali l´attività della piattaforma, tuttavia, è riduttivo: proprio perché essa fonda la propria peculiare specificità sulla facilità di condivisione di contenuti, opinioni e informazioni, spontaneamente e volontariamente caricati dagli utenti, si trova in una posizione che le consente la gestione di un numero di dati personali impressionante (ed inimmaginabile fino a qualche tempo fa), e certamente appetibile alle aziende che vogliano conoscere i gusti e le preferenze dei propri consumatori, o che si prefiggano di raggiungere in maniera mirata determinate categorie di soggetti.
E´evidente che ciò consente di aprire la strada a nuove e inconsuete strategie di marketing, come è evidente il valore economico che il traffico di dati che si svolge sulla piattaforma possa acquisire sotto tale profilo. Il Social Network non ne fa mistero, ed infatti, se si scorre la sua home page sino al tasto pubblicità, si accede all´area “case study”, ove si legge: “Facebook rappresenta per molte persone una parte integrante della loro vita: puoi avere la sicurezza di connetterti con persone reali, a cui interessano veramente i tuoi prodotti. Le Inserzioni di Facebook hanno consentito a CM Photographic di rivolgersi il pubblico giusto: tutte le donne di età compresa tra i 24 e i 30 anni che avevano indicato su Facebook di essere prossime al matrimonio”.
L´inarrestabile proliferazione del Social Network nella vita quotidiana dei privati, tuttavia, ha consentito di superare anche una simile nuova forma di promozione: a quanto pare gli stessi utenti – consumatori sono propensi a “cliccare” spontaneamente il tasto “mi piace”, manifestando la propria preferenza anche agli amici, quando individuino un prodotto che incontra il loro gradimento, interagendo direttamente con il brand, come farebbero con qualunque altra opinione o gruppo o altra manifestazione di pensiero che volessero mostrare di condividere. E come ogni altra adesione, anche la preferenza accordata ad un marchio o ad un messaggio pubblicitario viene comunicata ai contatti dell´utente: questa può apparire sulla barra laterale della pagina, oppure essere segnalata attraverso dei feed. E´ l´utente stesso, pertanto, a veicolare il prodotto o il messaggio promozionale ai propri contatti e ad associare il proprio profilo al brand prescelto. Proponendo un prodotto a soggetti della cui fiducia, presumibilmente, già gode. Se, peraltro, è vero che le impostazioni di privacy consentono di estendere o meno la visibilità dei contenuti delle proprie pagine, è anche vero che tali limitazioni non si applicano ad altre applicazioni della piattaforma, come la funzione “mi piace”. La diffusione delle informazioni condivise con tale modalità, pertanto, sfugge al controllo degli utenti. Anche i minori iscritti a Facebook – l´iscrizione è infatti possibile con il consenso dei genitori al compimento del tredicesimo anno d´età – possono esprimere le proprie preferenze attraverso il tasto “mi piace”, anche quando si tratti di prodotti o messaggi commerciali, non diversamente dagli adulti, con le medesime modalità ed analoghi effetti. Proprio il rapporto tra privacy dei minori e pubblicità, nonché la divulgazione delle preferenze da questi espresse attraverso il tasto “mi piace” e l´associazione conseguente dei profili degli stessi ai prodotti interessati, senza che i genitori possano esprimere a ciò un apposito consenso, ha recentemente indotto un genitore a proporre al Tribunale di New York una class action contro il Social Network, che vorrebbe coinvolgere tutti gli utenti che appartengono alla delicata fascia anagrafica. In buona sostanza si accusa Facebook di sfruttare i profili dei minori per fini commerciali e pubblicitari: e non solo. L´azione, infatti, vorrebbe inibire anche l´estensione della funzione “trova i tuoi amici” che suggerisce eventuali contatti sulla piattaforma, al momento anch´essa disponibile anche per i minori. Facebook annuncia che si difenderà con forza, ritenendo infondate le accuse mosse. Ma non è la prima volta che la problematica emerge, e che viene affrontata in un´aula di Tribunale: nel settembre dello scorso anno, infatti, due adolescenti californiani avevano intrapreso una analoga azione, anch´essa fondata sul presunto sfruttamento illecito da parte di Facebook dei loro profili, accusando il Social Network di vendere alle aziende le preferenze dei minori, senza alcuna cautela, mentre la legge californiana avrebbe imposto di acquisire il consenso preventivo dei genitori, quando la preferenza riguardasse un messaggio pubblicitario. Nel caso ora riferito, Facebook veniva inoltre accusata di indirizzare verso la propria home page le gli utenti che immettessero nelle stringhe dei motori di ricerca il nominativo di un minore. Anche in tale caso Facebook smentì fermamente le accuse mosse, negando, in particolare, di operare un tale reindirizzamento, ed evidenziando che la piattaforma non consente ai minori alcuna visibilità sui motori di ricerca. Al di là degli esiti che potranno avere le vicende giudiziarie sopra narrate, appare evidente che ciò che maggiormente tutela contro le possibili derive dell´utilizzo dei Social Network è l’uso consapevole: come già evidenziato dal Garante Privacy, attraverso la realizzazione, nel 2009, di un utile opuscolo indirizzato ai fruitori delle piattaforme sociali, occorre conoscere il funzionamento degli strumenti utilizzati, sapere che vi sono molteplici interessi economici sottesi alla rete di relazioni tra utenti, e comprendere che, qualora dovessero insorgere controversie, non sempre, per la dislocazione geografica dei social network e le condizioni accettate dagli utenti all´atto dell´iscrizione, le stringenti cautele che assistono la tutela della riservatezza entro i confini nazionali (si pensi ai limiti cui sono sottoposte le attività di profilazione, ad esempio), saranno applicabili.