L’approvazione “virtuale” delle clausole vessatorie tra presente e futuro prossimo
Lo spunto per questa breve riflessione proviene dall’ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 30 aprile scorso che ha avuto una grande risonanza tra gli operatori, ma anche tra i fruitori del web. Soprattutto per la soluzione adottata dall’organo giudicante nell’ambito dei rapporti commerciali Business to Business consumati in rete. Sempre abituati alle tutele accordate ai consumatori ora con la sua seppur provvisoria decisione il Tribunale interviene al di fuori di detto ambito dettando la regola per cui anche nei rapporti tra i cc.dd. professionisti lo squilibrio contrattuale se palesato in una clausola vessatoria proposta via web deve essere ricomposto con tutti gli strumenti ritenuti allo scopo più utili. Giudicava pertanto l’ormai famosa clausola “abuso di Ebay” e considerava come causa di nullità la sua mancata specifica approvazione per iscritto sfuggita alla disciplina dell’art. 1341, comma 2, c.c. perché non sottoscritta con firma digitale.
Favorevoli o contrari?
Non è questione di schieramenti. Occorre leggere le “carte” (le uniche forse nel caso di specie), sia vecchie che nuove.
Ad oggi i limiti imposti dalla legge all’autonomia contrattuale delle parti travalicano i mezzi tradizionali spesi per l’instaurazione del vincolo e si “compromettono” con quelli di nuova generazione.
La fattispecie, anche essa ormai nota, è quella di un contratto virtuale (inter absentes) completo delle sue condizioni e, nello specifico, del suo regolamento, destinato ad un folto gruppo di soggetti commercialmente attivi in rete anche attraverso piattaforme eterogenee ed etero gestite. La procedura di approccio al sistema, ormai da anni collaudata, è sempre la stessa: registrazione – autenticazione – offerta e adesione. I passaggi possono essere più o meno articolati ma pur sempre rispecchiano la celerità della rete e la speditezza dei suoi scambi quotidiani.
La rilevanza giuridica del tasto negoziale virtuale (c.d. point and click) utilizzato di regola nei contratti stipulati in rete -a forma sostanzialmente libera -non è messa in dubbio, neanche con l’ordinanza. Le condizioni generali on line cui il contraente abbia prestato adesione mediante pressione del tasto negoziale virtuale possono, quindi, vincolarlo nei limiti in cui non contengano clausole vessatorie per le quali l’art. 1341, comma 2, c.c. richiede la specifica approvazione per iscritto.
Il quadro normativo attuale non permette, se non altro per la sua natura provvisoria (come l’ordinanza) e altresì per la confusa aggregazione di disposizioni, tra loro in alcuni casi anche in contraddizione, di spingersi oltre una valutazione diversa da quella operata dal giudicante. Quanto meno a parità di condizioni e presupposti.
Il tasto virtuale contraddistingue la volontà contrattuale nella misura in cui questa sia in qualche modo riconducibile a chi la manifesta. L’ambiente negoziale on linepredisposto dall’operatore consente, infatti, di ritenere giuridicamente equivalente alla manifestazione di volontà mediante dichiarazione negoziale di accettazione, il comportamento concludente della pressione della rappresentazione grafica sul web del tasto virtuale di accettazione. Esso può ricondursi ad una sorta di firma elettronica.
La firma elettronica secondo il Codice dell’Amministrazione digitale di recente riformato (d’ora innanzi il Cad) è “l’insieme di dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica”.
Per definire il valore sostanziale e probatorio del documento informatico sottoscritto con firma elettronica deve oggi farsi riferimento all’art. 21, comma 1, del Cad per cui “il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza e immodificabilità”.
Anche grazie alla disposizione appena richiamata non può che ribadirsi che la procedura sottoposta alla valutazione del giudicante serve a concludere un contratto a forma libera. Ma al contempo non garantisce la piena equiparazione tra firma elettronica e forma scritta attesi anche i limiti, e soprattutto gli effetti probatori,del documento informatico così formato, soprattutto allorchè la legge richieda forme ed effetti particolari per la giuridica esistenza di alcune delle condizioni contrattuali applicate se mai riconosciute come vessatorie.
Alla difficoltà concreta dell’utilizzatore del tasto negoziale virtuale di conoscere con certezza preventivamente l’effetto probatorio che ne possa scaturire, si aggiungono le incertezze normative derivanti per esempio dal fatto che solo analogicamente al documento informatico sottoscritto con firma elettronica si estende l’idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta in concomitanza con le caratteristiche di qualità sicurezza e immodificabilitàpredette. Infatti essa è espressamente riconosciuta solo al documento informatico puro e semplice.
Il legislatore dovrà esprimersi su queste incongruenze e su altre che riconducono il documento informatico, di per sé considerato, agli effetti di cui all’art. 2712 c.c.– nonostante già dichiaratamente sottoposti al prudente apprezzamento del giudice. Secondo tale disposizione le riproduzioni informatiche (così definite dall’art. 23 quater del Cad) farebbero piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosca la conformità ai fatti e alle cose medesime. Orbene lo stesso documento potrebbe sortire effetti probatori diversi. Non è concepibile.
Di fronte a siffatto copia/incolla frettoloso e disordinato di norme nuove e preesistenti, quel che rimane è che il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. (di scrittura privata fino a querela di falso). Ovvero sia il documento sottoscritto mediante i predetti dispositivi può integrare la forma scritta anche nei casi previsti dall’art. 1350, comma 1, nn. da 1 a 12 c.c. E pertanto risponde, almeno allo stato dell’arte, alle caratteristiche proprie e agli effetti tipici della specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie di cui all’art. 1341, comma 2, c.c. Approvazione che mantiene siffatta veste formale anche in connubio con un testo contrattuale a forma libera, di cui non inficia gli effetti, il contenuto né, a meno di comportamenti ipso facto scorretti, lo determina nei suoi elementi essenziali. Diversamente non rimarrebbe che escludere dai contratti virtuali e di massa le clausole vessatorie.
Incerta la legge e provvisoria l’ordinanza. Confidiamo che il tutto si definisca dopo che almeno le tanto attese regole tecniche prendano corpo e vigore, approfondendo l’ambito di efficace applicazione del documento informatico e le sue potenzialità in ogni ambiente sia esso reale che virtuale, e infine testando la possibile standardizzazione delle sue forme intrinseche ed estrinseche (come le fatidiche firme elettroniche).
(1) “Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione” in E. Tosi (a cura di) ed. Milano 2003, 215.