L’indicazione rituale dell’indirizzo pec dell’avvocato fa venire meno l’obbligo di domiciliazione
Così ha statuito la Corte di Cassazione Civile con sentenza n. 10143 resa a Sezioni Unite in data 0 giugno 2012.
Quando un avvocato esercita innanzi ad una autorità giudiziaria che ha sede in una circoscrizione di tribunale diversa da quella in cui è l’albo professionale nel quale è iscritto, è obbligato, a norma dell’82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, ad eleggere domicilio nel luogo in cui ha sede l´autorità giudiziaria adita; altrimenti opera ex lege l´elezione di domicilio presso la cancelleria di quella autorità giudiziaria. La norma, assai datata, ha trovato sempre puntuale applicazione e le divergenze interpretative sul punto, emerse nel corso degli anni, non ne hanno ridotto la portata, se non marginalmente, ed in tempi recenti. La Suprema Corte è stata chiamata a valutare l’applicazione in appello della normativa ora richiamata, nel contrasto emerso di recente in ordine alla riduzione del suo ambito nei giudizi di secondo grado, nei quali la nozione di “circoscrizione” veniva, da parte di un indirizzo minoritario ma recente, riproporzionata al “distretto” della Corte di Appello: in conseguenza l’obbligo di domiciliazione (e, in difetto, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria) si sarebbe applicato solo all’avvocato che avesse agito fuori dal proprio distretto. Le Sezioni Unite, nel decidere a favore dell’interpretazione tradizionale della norma, con conseguente riconducibilità degli oneri di domiciliazione in capo a qualsiasi avvocato che agisca fuori dalla propria circoscrizione, sebbene trovandosi, in fase di impugnazione, ancora nel territorio del distretto della propria Corte D’Appello, non si è sottratta all’operazione ermeneutica ulteriore che si imponeva circa la congruità della disposizione anche alla luce delle più recenti modifiche apportate dal legislatore al codice di procedura, con riferimento ai nuovi mezzi di comunicazione ritualizzati, tra cui la posta elettronica certificata.
La finalità che sorregge il collegamento topografico imposto dal legislatore attraverso la disposizione di cui all’art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, è quella di agevolare le comunicazioni e le notificazioni all´avvocato; finalità questa che è maggiormente evidente se si pensa all´epoca in cui la norma è stata posta e al diverso contesto dei mezzi di comunicazione che la connotava a fronte del progresso tecnologico dell´epoca attuale.
Progresso che lentamente ha cominciato ad insinuarsi anche tra gli articoli del codice di procedura civile: l´art. 48, lett. d), d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, conv., con mod., dalla l. 22 febbraio 2010, n. 24, ha inserito nel codice di rito l´art. 149-bis sulla notificazione a mezzo di posta elettronica. E prima ancora l´art. 2 l. 28 dicembre 2005, n. 263, aveva aggiunto un terzo comma nell’art. 136 c.p.c. che prevede la possibilità delle comunicazioni di cancelleria mediante telefax o posta elettronica.
Pur in questo diverso contesto di comunicazioni e notifiche effettuabili anche in via telematica, la finalità dell´art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 è rimasta quella originaria: l´avvocato, in quanto iscritto all´albo del tribunale nella cui circoscrizione ricade la sede dell´autorità giudiziaria innanzi alla quale è instaurato il giudizio, deve essere “prossimo” a quest´ultima. In difetto di tale prossimità topografica, scatta un onere di elezione di domicilio che, ove disatteso, comporta la domiciliazione ex lege presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria. Anche la giurisprudenza della Suprema Corte ha sottolineato come l´art. 82 mira a rendere più agevoli e sollecite le comunicazioni e notificazioni degli atti processuali.
Esigenza di prossimità topografica si ritrova anche in altre disposizioni che regolano non solo il processo civile, ma anche quello amministrativo.
La conseguenza del mancato rispetto dell’onere di elezione di domicilio da parte dell’avvocato, che ha una connotazione quasi sanzionatoria in senso lato, è, come detto, l´elezione di domicilio ex lege presso la cancelleria dell´autorità giudiziaria suddetta; ciò che significa in concreto una marcata difficoltà per l´avvocato di avere notizia di comunicazioni e notificazioni fattegli presso la cancelleria, anche se, fin da epoca risalente (Cass., sez. 3, 10 agosto 1965, n. 1919), sì è precisato che comunque vi è, non già un obbligo, ma solo una facoltà per il notificante di effettuare la notifica presso la cancelleria (cfr. anche Cass., sez. lav., 22 novembre 1995, n. 12064; sez. 2, 4 maggio 2005, n. 9225). Ma se il notificante si avvale di tale facoltà, la notifica è rituale.
Già in passato si è dubitato della proporzionalità, e quindi della ragionevolezza, di una così radicale conseguenza dell’inosservanza di un onere processuale, nonché della sua compatibilità con il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e, più recentemente, con il canone del giusto processo (art. 111, primo comma, Cost.); e la questione è stata più volte portata con incidente di costituzionalità innanzi alla Corte, senza esito.
L’operatività della norma in commento è stata più volte ribadita anche dalla Corte di Cassazione, ed ha superato, indenne, tutte le modifiche che ha subito il processo civile negli anni.
La Suprema Corte ha, da sempre, accolto un´interpretazione letterale, come palesata dalla chiara lettera della disposizione ed il riferimento al tribunale, contenuto nell´art. 82, è valso ad individuare, secondo gli Ermellini, non già l´autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, bensì l´albo professionale al quale l´avvocato è iscritto. L´assegnazione dell´avvocato al tribunale significa null´altro che iscrizione nell´albo professionale tenuto da ciascun ordine circondariale degli avvocati presso ogni tribunale che ha quindi come riferimento territoriale la circoscrizione del tribunale stesso (v. art. 14 r.d.l. n. 1578/33 che prevede che per ogni Tribunale civile e penale sono costituiti un albo di avvocati e, in passato, un albo di procuratori).
Invece ampio – e nient´affatto limitato al tribunale – è il riferimento all’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, sicché, la disposizione riguarda anche i giudizi proposti in sede di impugnazione.
Questa giurisprudenza ha trovato ripetute conferme, almeno sino al 2009, e la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ne conferma la correttezza.
Il Collegio, tuttavia, si è avveduto che è evidente il disagio emerso negli ultimi anni, innanzi ad una norma che appare datata e non più rispondente ai moderni mezzi di comunicazione che, ormai, permeano ogni attività economica o sociale, ma anche e soprattutto rispetto alle modifiche normative da queste scaturite, sebbene non sia stata modificata direttamente la lettera dell’art. 82 cit.
La Suprema Corte, pertanto, si è trovata a dover mediare tra un’interpretazione tradizionale, con salvaguardia dell’affidamento le parti fanno nella stabilità dell´interpretazione giurisprudenziale delle regole del processo da un lato, ed innegabile mutamento del contesto normativo e sostanziale dall’altro. E considerando come, sul piano del sindacato di legittimità della stessa Cassazione, è possibile ipotizzare che l´interpretazione di una disposizione muti nel tempo in ragione del diverso contesto normativo in cui si innesta e che quindi ci sia parimenti una modulazione diacronica del suo significato precettivo senza che ciò smentisca la natura meramente dichiarativa dell´interpretazione della legge fatta dalla giurisprudenza, ha ritenuto di riadeguare il dettato dell´art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37.
Le Sezioni Unite hanno quindi evidenziato che il quadro normativo in cui va letto l´art. 82 ha subito di recente una significativa evoluzione che rifluisce anche sull´interpretazione della disposizione stessa: prima il decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), convertito in legge 22 febbraio 2010, n. 24, ha inserito un nuovo articolo – il 149-bis – nella sezione 4 “Delle comunicazioni e delle notificazioni” del libro 1 del codice di procedura civile; articolo, intitolato “Notificazione a mezzo posta elettronica”, che prevede, al primo comma, che, se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo. Poi, più recentemente il novellato art. 125 c.p.c., nel disciplinare il contenuto e sottoscrizione degli atti di parte, prescrive in generale che il difensore deve indicare l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. Il periodo “Il difensore deve, altresì, indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax” è stato aggiunto dall´art. 2, comma 35-ter, lett. a), d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con mod., dalla l. 14 settembre 2011, n. 148. Successivamente le parole “l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine” sono state così sostituite a quelle “il proprio indirizzo di posta elettronica certificata” dall´art. 25, comma 1, lett. a), l. 12 novembre 2011, n. 183. Per espressa previsione dell´art. 25, comma 5, l. cit.: “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge” (id est: 1 febbraio 2012 considerato che la legge è entrata in vigore il 1 gennaio 2012: art. 36). Tale prescrizione ha carattere generale e riguarda sia il giudizio di primo grado che quello d´appello. Quanto poi al giudizio di cassazione è stato parallelamente novellato anche l´art. 366 c.p.c. che ora prevede che se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione. Le parole “ovvero non ha indicato l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine” sono state inserite dall´art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), l. n. 183/2011 cit., operante anch´esso decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Quindi ora l´avvocato che difende davanti alla Corte di cassazione deve sì eleggere domicilio in Roma; ma ha un´alternativa: può indicare l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.
Ed allora – una volta che è divenuto operante in particolare il nuovo art. 125 c.p.c. con la previsione dell´obbligo del difensore di indicare negli atti di parte (citazione, ricorso, comparsa, controricorso, precetto) il proprio indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, ciò che consente una modalità semplificata di notificazione (art. 149 bis c.p.c.), talché l´art. 366 c.p.c., che prescriveva analogo specifico onere di elezione di domicilio per il giudizio di cassazione, ha previsto l´indicazione dell´indirizzo di posta elettronica certificata come modalità alternativa alla domiciliazione – anche l´interpretazione dell´art. 82 cit., a partire dalla data del 1 febbraio 2012, per non ledere l’affidamento delle parti processuali nella stabilità dell’interpretazione consolidata, va riadattata a questo mutato contesto normativo.
Gli Ermellini hanno quindi evidenziato come si sia venuta a determinare una irragionevolezza intrinseca (giacché l´introduzione di una modalità di notificazione estremamente agevole, quale quella a mezzo di posta elettronica certificata, viene a soddisfare ex se l´esigenza di semplificazione e rapidità di comunicazioni e notificazioni, quale sottesa all´art. 82, non giustificandosi più, in tal caso, la domiciliazione ex lege in cancelleria), nonché un´ingiustificata differenziazione (perché per il giudizio di cassazione l´indicazione in ricorso dell´indirizzo di posta elettronica certificata già esclude la domiciliazione ex lege in cancelleria, mentre nel giudizio d´appello è espressamente previsto ex art. 125 solo l´obbligo di indicazione dell´indirizzo di posta elettronica certificata). In questo così modificato contesto normativo – che ha già visto un sostanziale overruling anche della giurisprudenza costituzionale (sent. n. 365 del 2010, cit., rispetto alle ord. n. 231 del 2002 e n. 391 del 2007, cit.) con l’introduzione, con pronuncia additiva, di modalità alternative all´elezione di domicilio in caso di opposizione ad ordinanza ingiunzione – sarebbe di assai dubbia ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.) e compatibilità con la garanzia della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) far derivare dalla mancata elezione di domicilio di cui all´art. 82 l´effetto della domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell´autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio anche nel caso in cui il difensore abbia indicato l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine; ciò che parimenti soddisfa l´esigenza sottesa all´art. 82 di semplificazione del procedimento di notificazione e comunicazione degli atti.
Le Sezioni Unite, pertanto, hanno rilevato la necessità di accedere ad un´interpretazione adeguatrice affermando che, in simmetria con l´art. 366 c.p.c. e coerentemente alla nuova formulazione dell´art. 125 c.p.c., anche ai sensi dell´art. 82 cit. all´onere dell´elezione di domicilio si affianca – a partire dall´entrata in vigore delle recenti modifiche delle disposizioni appena citate – la possibilità di indicazione dell´indirizzo di posta elettronica certificata (che, rispetto alla notifica in cancelleria, è più spedita ed offre una garanzia molto maggiore per l´avvocato destinatario della notifica). L´esigenza di coerenza sistematica e di interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, a partire dalla data suddetta, l´art. 82 cit. debba essere interpretato nel senso che dalla mancata osservanza dell´onere di elezione di domicilio per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell´autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all´obbligo prescritto dall´art. 125 c.p.c., non abbia indicato l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.
Quindi ha enunciato il seguente principio di diritto: “L´art. 82 r.d. n. 37 del 1934 – che prevede che gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all´atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l´autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, e che in mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell´attività forense fuori dalla circoscrizione cui l´avvocato è assegnato per essere iscritto al relativo ordine professionale del circondario e quindi anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d´appello e l´avvocato risulti essere iscritto ad un ordine professionale di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d´appello, ancorché appartenente allo stesso distretto della medesima corte d´appello. Tuttavia, dopo l´entrata in vigore delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c, apportate rispettivamente dall´art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), l. 12 novembre 2011, n. 183, e dallo stesso art. 25, comma 1, lett. a), quest´ultimo modificativo a sua volta dell´art. 2, comma 35-ter, lett. a), d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. in l. 14 settembre 2011, n. 148, e nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l´obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, si ha che dalla mancata osservanza dell´onere di elezione di domicilio di cui all´art. 82 per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell´autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all´obbligo prescritto dall´art. 125 c.p.c., non abbia indicato l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine”.