Quanto manca alla fattura elettronica?
La direttiva 2010/45/UE del Consiglio dell’Unione Europea del 13 luglio 2010 – recante la modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione, allertava gli Stati Membri e allerta quelli ancora in ritardo sul da farsi. Ai sensi dell’art. 2 della direttiva cennata gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 31 dicembre 2012, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarvisi. Essi, altresì, sono tenuti a comunicare immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni che dovranno applicarsi a decorrere dal 1 gennaio 2013. In Italia il compito è affidato al Ministero dell’Economia e della Finanze per il quale corre l’obbligo di individuare le linee guida nazionali sulle nuove modalità di fatturazione.
La direttiva è accompagnata da note esplicative che, se pur soltanto di supporto, contengono indicazioni utili per la semplificazione degli oneri fiscali e contabili.
A differenza della direttiva 2006/112/CE, oggi abrogata, la ratio della nuova è quella di eliminare le esistenti barriere, anche territoriali e non solo tecnologiche, in materia di fatturazione. Stabilisce la parità di trattamento tra le fatture cartacee e quelle elettroniche, nel senso che con la nuova direttiva non ci saranno sostanziali differenze tra l’una e l’altra facilitando anche la scelta del contribuente/soggetto passivo, eliminando, altresì, oneri amministrativi. Le disposizioni in corso sono più tolleranti per chi decide di far ricorso alla fatturazione elettronica, consentendo la scelta, tendenzialmente libera, del modo in cui assicurare l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità delle fatture. Senza, almeno all’apparenza, vincoli di forma, di formati e di trasmissione delle fatture.
Oltre ai consueti strumenti (segnalati in via esemplificativa ma non esaustiva dalla direttiva in commento nella firma elettronica avanzata e nella trasmissione elettronica di dati EDI) di cui l’Italia Digitale rivendica ormai una certa familiarità, la direttiva esalta la possibilità per i soggetti IVA di utilizzare modelli gestionali che creino una pista di controllo affidabile tra una fattura e una cessione o una prestazione per assicurare, appunto, l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità di tutte le fatture, siano esse cartacee che elettroniche.
La scelta del mezzo più efficace per le garanzie sopra richieste non può essere limitata dagli Stati membri. Siamo sicuri?
Uno di questi, appunto, è il controllo di gestione che, però, non può non considerarsi un concetto abbastanza ampio da diventare fin troppo discrezionale senza delle indicazioni specifiche seppur di massima. In sostanza, si sviluppa in un processo creato, attuato e aggiornato dai soggetti IVA con garanzia circa l’identità del fornitore/prestatore o dell’emittente della fattura (autenticità dell’origine), del contenuto essenziale del documento contabile e della sua inalterabilità (integrità del contenuto), oltre che circa la leggibilità della fattura dal momento dell’emissione fino al termine del periodo di conservazione. Non poco.
Il modello gestionale è tanto più congruo ed efficace per i fini di cui si discute quanto la sua verifica faccia sì che la fattura si attesti quale documentante rientrante nel processo di gestione e di contabilità piuttosto che rimanere indipendente e a sé stante. Per il fornitore/prestatore (secondo le note esplicative alla direttiva in argomento), la fattura potrebbe essere abbinata ad un ordine di acquisto, ai documenti di trasporto e alla ricevuta di pagamento. Per l’acquirente/destinatario la fattura potrebbe essere abbinata all’ordine d’acquisto approvato (nota di conferma) alla bolla di consegna, al bollettino di pagamento e alla distinta di pagamento. Questi sono solo alcuni dei documenti che possono far parte del relativo flusso sottoposto al modello di controllo gestionale. L’importante è il collegamento all’affare specifico degli stessi in modo da scongiurare qualsiasi lacuna nel riferimento ai soggetti coinvolti e nel contenuto dei documenti che vi si riferiscono. Non poco.
Il modo in cui un soggetto passivo può dimostrare il legame tra una fattura e una cessione o una prestazione di servizi è lasciata alla discrezione del soggetto passivo.
Pari “libertà” è riconosciuta anche nel caso in cui si adottino altre tecnologie. Quelle, per esempio, individuate dalla direttiva, ossia la firma elettronica avanzata e la trasmissione elettronica di dati, o di altre alternative che rispondano ai requisiti e alle condizioni di cui si è finora scritto. Ferma rimane in ogni caso l’assenza di vincolo a ciascuna di esse.
L’unico vincolo, introdotto dalla direttiva in argomento, riguarda le modalità di archiviazione delle fatture. Infatti, per garantire il rispetto dei requisiti di cui finora si è scritto, lo Stato membro può esigere che le fatture siano archiviate nella forma originale, cartacea o elettronica, in cui sono state trasmesse o messe a disposizione. Qualora le fatture siano archiviate elettronicamente, lo Stato membro può esigere, altresì che le relative modalità siano tali da garantire l’autenticità dell’origine e l’integrità del contenuto. Se il soggetto passivo utilizza particolari modelli tracciabili di gestione che creano una pista di controllo affidabile tra la fattura e la cessione di beni o la prestazione di servizi, i dati e le informazioni che assicurano le garanzie richieste sono quelli dei documenti giustificativi; pur se si ritiene che non vadano trascurati gli effetti del tempo e gli obblighi di legge per la conservazione della documentazione contabili. Pertanto l’impresa dovrà adottare le procedure specifiche per mantenere inalterati nel tempo tali dati e tali informazioni, anche in ordine all’autenticità dell’origine e all’integrità del contenuto.
Entro il 31 dicembre 2016, la Commissione Europea, sulla base di uno studio economico indipendente, presenterà al Parlamento Europeo e al Consiglio una relazione di valutazione generale dell’impatto delle norme di fatturazione, applicabili dal 1 gennaio 2013 e segnatamente della misura in cui avranno effettivamente comportato una riduzione degli oneri amministrativi. Quindi “armiamoci e partiamo”. Non c’è più tempo.