Recepimento della Direttiva 45/2010/UE: cosa è cambiato
Con il recepimento della Direttiva 45/2010/UE del 13 Luglio 2010, recante modifiche alla Direttiva 2006/112/CE, anche l’Italia si è uniformata al resto d’Europa sul fronte della normativa in materia di fatturazione elettronica. Redatta con la finalità di agevolare e uniformare la disciplina sull’utilizzo della fattura elettronica, l’Italia vi si adegua con la Legge n. 228 (c.d. Legge di stabilità 2013) del 24 dicembre 2012, che modifica in via definitiva il D.P.R. n. 633/1972.
Le novità di interesse, in linea con le intenzioni della Direttiva 45/2010UE, hanno imposto al legislatore nazionale una rilettura, tra gli altri, dell’art. 21 del D.P.R. detto, e, quindi ad oggi la fattura elettronica è da intendersi come quella emessa e ricevuta in qualsiasi formato elettronico. La disposizione novellata chiarisce al riguardo che: ”la fattura, cartacea o elettronica, si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o del committente”.
Spostando l’attenzione dalla semplice trasmissione o messa a disposizione (dirimente nella disciplina precedente in ordine alla qualifica di fattura elettronica) alla più completa “gestazione” della fattura si è giunti finalmente alla sostanziale parificazione della fattura in formato elettronico con quella in formato cartaceo.
La Direttiva presentava il nuovo corso auspicando (nel considerando 8) che le fatture cartacee e quelle elettroniche avrebbero dovuto ricevere lo stesso trattamento e che gli obblighi IVA relativi alla fatturazione elettronica avrebbero dovuto essere rivisti per eliminare gli oneri e le barriere esistenti, di ostacolo al ricorso a tale tipo di fatturazione. E anche alla migliore resa dei rapporti commerciali tra gli Stati.
Il novellato articolo 21, senza deludere le aspettative del “legislatore europeo”, assicura omogeneità al sistema di fatturazione richiamando gli obblighi del soggetto passivo in ordine all’autenticità dell’origine, all’integrità del contenuto e alla leggibilità della fattura – senza distinzione di formato – dal momento della sua emissione fino al termine del suo periodo di conservazione.
Le richieste garanzie, in particolare quelle poste a presidio delle operazioni di fatturazione elettronica, non trovano ostacoli nella scelta degli strumenti da utilizzare per la loro completa soddisfazione. L’esperienza italiana, matura, o pressocchè tale, in materia di dematerializzazione e conservazione sostitutiva, offre un ottimo spunto al riguardo e permette di attingere a risorse tecnologiche ormai consuete e non più discriminatorie, anche se destinate ad inevitabile evoluzione.
La norma, infatti, suggerisce quello che è ad oggi lo stato dell’arte per garantire l’autenticità dell’origine e l’integrità del contenuto della fattura c.d. elettronica, ovvero l’uso di sistemi di controllo di gestione che assicurino un collegamento affidabile tra essa e la cessione di beni o la prestazione di servizi. Dando rilievo a: l’apposizione di firma elettronica qualificata o digitale dell’emittente o mediante sistemi EDI (Electronic Data Interchange) o di altri dispositivi tecnologici, di comprovata efficacia, programmati per garantire, il valore e l’inalterabilità nel tempo dei documenti contabili. Chiaro è, quindi, il richiamo alla corretta applicazione della conservazione sostitutiva che gode di procedimenti, già rodati, di cui, in specie e fino a diversa determinazione degli organi competenti, quelli identificati e disciplinati dal DMEF del 23 gennaio 2004.
La conservazione in modalità elettronica si impone per la fattura di pari conio, per quelle cartacee è per ora considerata solo possibile. Ma consigliabile laddove non sussistano diverse e soverchianti necessità.
Alla, teorica – e non solo, assimilabilità degli strumenti a disposizione degli Stati Membri per ottemperare alle prescrizioni della Direttiva, non corrisponde, però, una normativa comune in materia di tenuta/conservazione dei documenti fiscali, in generale, e delle fatture, in particolare. Rimanendo ad oggi una sostanziale indipendenza degli Stati in ordine alla disciplina normativa di riferimento. Pertanto le garanzie di interoperabilità tra i sistemi deputati alle attività descritte, allo stato, dovranno passare per il vaglio dei loro effetti – i soli capaci ad assicurarne reciproca e giuridica rilevanza – tra cui quello di assicurare il controllo delle autorità ispettive dello Stato membro in cui l’impresa è stabilita.