Anagrafe dei sistemi di videosorveglianza: riflessioni sugli aspetti critici
E’ notizia recentissima la proposta del Prefetto di Pisa Francesco Tagliente di costituire un’anagrafe degli impianti -e delle immagini da essi riprese- di videosorveglianza sia pubblici che privati.
L’ambizioso progetto, presentato lo scorso 11 Aprile, si basa su un archivio creato presso la Prefettura di Pisa che raccoglierà e conserverà le immagini provenienti da 39 comuni della Provincia. Le informazioni che popoleranno questo archivio riguardano tutti i dati concernenti le coordinate geografiche delle telecamere, fatte confluire in una mappa geo-referenziata. Il prefetto assicura che tali elementi, oltre ad essere raccolti in forma anonima, saranno tenuti a disposizione esclusiva della prefettura stessa e delle forze dell´ordine (Polizia di Stato, Prefettura, Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia Municipale).
Indubbiamente vere le considerazioni -fatte dal prefetto- sull’utilità dei dati raccolti e sulla possibilità di un controllo in tempo reale dei luoghi in cui siano consumati i reati, esaminando le immagini provenienti dagli impianti. Ed indubbio è anche il vantaggio da un punto di vista del risparmio di risorse umane, vista la gestione automatizzata dei dati acquisiti.
Veniamo però ora agli interrogativi che una proposta del genere fa sorgere: primo tra tutti, il conferimento delle immagini, che s’immagina volontario, avverrà anche se l’accesso fosse consentito ad ulteriori autorità od organi di controllo? Si pensi – in aggiunta alle forze dell’ordine – al caso in cui a tali immagini dovesse accedere l’ispettorato del lavoro. Essendo gli ispettori del lavoro funzionari di polizia giudiziaria, la domanda sembra legittima.
Le implicazioni sono infatti piuttosto evidenti, potendosi facilmente prevedere quali timori possano cogliere i proprietari degli impianti.
Possibile quindi che si configuri una corsa per “mettere in regola” gli impianti di videosorveglianza dato che dalle immagini raccolte nel database certamente potrebbero emergere sistemi di videosorveglianza non in linea con le disposizioni del Codice privacy e con quanto previsto dalla L.300/70 sul controllo a distanza dei lavoratori.
E ancora, le possibili violazioni di quanto disposto dal D.lgs. 196/2003 certamente non si limitano ai soli lavoratori, ma in generale a coloro che possono essere oggetto di ripresa, per finalità di sicurezza.
S’impone un secondo interrogativo: le immagini acquisite, potrebbero essere analizzate ed utilizzate per contestare la violazione delle suddette norme, oltre che per l’accertamento di reati?
Queste incertezze rimangono, allo stato attuale, tali e parrebbe più che opportuno predisporre un regolamento che disciplini l’utilizzo delle immagini raccolte chiarificando i punti d’ombra.
Si può sommariamente concludere che l’idea alla base della creazione di quest’anagrafe della videosorveglianza è buona, il fine è condivisibile, ma restano forti dubbi sui possibili utilizzi che delle immagini si possono fare.