Webcam negli asili: necessità e proporzionalità del trattamento. Appigli contro una deriva verso “l’ipersorveglianza”
Partiamo dal fatto, ormai noto.
Il Garante ha vietato l’uso delle webcam installate in un asilo nido privato di Ravenna.
La struttura privata aveva addotto come finalità dell’installazione del sistema di videosorveglianza (chiaramente di questo si trattava) che lo stesso era stato installato come deterrente contro i malintenzionati nonché – soprattutto – per consentire ai genitori impegnati al lavoro, di monitorare costantemente i loro figli. In presa diretta.
Anche ammesso che vi fosse stata la reale necessità di tutelare la sicurezza dei minori – esigenza in realtà non esistente, come da esito dell’istruttoria del Garante – appare piuttosto evidente come la modalità scelta non fosse la più adeguata all’effettivo bilanciamento degli interessi.
Infatti se da una parte non v’è dubbio alcuno sull’importanza di fornire una tutela reale ai minori presenti nelle scuole d’infanzia, dall’altra non si può pretendere che a ciò si possa arrivare tramite il costante monitoraggio (un vero e proprio controllo a distanza) dei propri figli ed anche degli insegnanti. Oltretutto senza la certezza che le immagini siano visionate esclusivamente dai genitori titolari di credenziali d’accesso.
Gli aspetti su cui riflettere sono molteplici e ben colti dal Garante.
Il riferimento al documento del WP art. 29 (parere sulla protezione dei dati personali dei minori, dell’11 febbraio 2009) risulta decisivo per comprendere le effettive necessità dietro a questo provvedimento.
Il diritto allo sviluppo citato nel parere (e derivante dagli artt. 7, 27 e 29 della convenzione ONU sui diritti del fanciullo) riveste un ruolo di eccezionale importanza in questo contesto; è infatti condivisibile l’impostazione del Gruppo di Lavoro secondo la quale un monitoraggio costante dei minori fin dalla più tenera età, può portare ad uno sviluppo distorto della persona facendo percepire come “normale” l’occhio delle telecamera. Abituando i minori al controllo.
Fa bene dunque il Garante a ribadire quanto affermato in ambito europeo, a porre l’accento sulla questione del corretto sviluppo della personalità del minore.Il bilanciamento tra la tutela della sicurezza del minore e il suo diritto a veder rispettata la propria privacy – ed a un corretto sviluppo della propria personalità, come ricordato- appare più che altro squilibrato verso un terzo elemento: la “necessità” di controllare i propri figli.
Tale esigenza porta addirittura a sacrificare l’altrui privacy ed a violare, potenzialmente, le prescrizioni dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Infatti le webcam permettevano di visionare anche gli insegnanti nello svolgimento della propria attività lavorativa, com’è ovvio visto il necessario e stretto contatto tra i pargoli e chi di loro si occupava. A nulla vale l’asserita esigenza di tutelare il patrimonio aziendale e la sicurezza dei minori.
Nullo è il valore poiché sproporzionati sono i mezzi con i quali si cerca di ottenerlo: a che pro infatti la videoripresa di tutte le persone presenti e la trasmissione(senza soluzione di continuità) via web? Quale la ragione di far vedere al genitore, non solo il proprio figlio per tutta la durata della permanenza all’interno della struttura, ma anche gli altri bambini?
A meno che non si ritenga la scuola della prima infanzia un luogo “difficile” all’interno del quale sono necessarie particolari scelte organizzative che comportano la necessità di una continua videoripresa dei locali, questa pare esclusivamente una scelta volta a fornire un servizio per genitori colti da “ansie”.
Per stessa ammissione dell’asilo nido, la visione via webcam delle immagini era finalizzata a venire incontro alla tranquillità dei genitori piuttosto che a salvaguardare la sicurezza dei minori.
Non si procederà oltre in questa breve disamina, non si considererà la compressione che, di fatto, ha la libertà d’insegnamento in una situazione come quella descritta; si ribadirà, piuttosto, l’importanza dei principi cardine del trattamento dei dati personali, di come la proporzionalità tra le finalità perseguite ed i mezzi utilizzati sia un fondamento dal quale partire e di come, infine, l’effettiva necessità di procedere al trattamento debba essere la principale domanda che il Titolare si deve porre, ancor prima di procedere al trattamento stesso.