Risposta all’istanza di accesso ai dati personali dell’interessato entro 15 giorni
Porta la data del 2 agosto la sentenza n.18555 con cui la Corte di Cassazione ha confermato il diritto del cittadino di conoscere in tempi rapidi il contenuto delle segnalazioni negative emanate, a suo carico, dagli istituti di credito.
Rigettando il ricorso avanzato da una banca ed una finanziaria la Suprema Corte ha stabilito che , “la richiesta di accesso ai propri dati personali, di cui all’art. 8 del Dlgs 30 giugno 2003 n. 196, deve essere soddisfatta ‘senza ritardo’ da parte del soggetto destinatario e titolare del trattamento: a tal fine, costituisce un congruo ‘spatium deliberandi’ il termine di quindici giorni, previsto dall’articolo 146 del citato decreto, con riguardo all’interpello preventivo da parte del Garante”.
In caso di interpello da parte dell´interessato –come ha tenuto a precisare la prima sezione civile della Cassazione – “in caso di esercizio del diritto di accesso da parte del titolare dei dati, ai sensi degli artt. 7, 8 e 10 del Dlgs 30 giugno 2003 n. 196, il titolare del trattamento, o il responsabile se nominato, non possono limitarsi a dare una mera conferma dell’esistenza dei dati, ma devono estrarli dai documenti in loro possesso, ponendoli a disposizione dell’interessato”. In questo modo risulta salvaguardato il diritto all’autodeterminazione informativa.
Tale decisione risponde al preciso scopo di garantire la verifica dell’avvenuto inserimento, della presenza o della rimozione dei dati, a tutela della dignità e della riservatezza del soggetto interessato. Un concetto, questo, ribadito con fermezza nella motivazione conclusiva della sentenza, a conferma della centrale importanza del soggetto interessato.