Chat e messaggi privati: non costituiscono prove nell’ambito di una causa
Chat e messaggi privati devono essere considerati come corrispondenza privata, equiparabili alla corrispondenza segreta. Per tale ragione, non possono essere utilizzati come prova nell’ambito di una causa e il giudice non può ordinarne l’esibizione.
A stabilirlo è una recente sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la quale, prendendo le distanze da una precedente sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino circa la possibilità di utilizzare le documentazioni acquisite come prova contro il loro autore, violandone in questo modo la privacy, ha assunto un orientamento del tutto contrario.
Secondo i giudici del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere le informazione scambiate tramite chat o messaggi privati godono della tutela che protegge ogni genere di conversazione segreta – secondo quanto previsto dalla stessa Costituzione – e come tali devono essere a tutti gli effetti tutelate dal punto di vista della loro divulgazione.
Al contrario di quanto avviene per messaggi scambiati per mezzo delle chat e delle messaggerie, le informazioni pubblicate sul profilo personale di un social network e destinate alla cerchia di “amicizie” – nonostante queste siano tutelate da specifiche impostazioni sulla privacy – non possono essere tutelate e possono essere impiegate come prova in una causa.
n altre parole, la pubblicazione di determinate fotografie e informazioni sulla pagina del proprio profilo implica l’accettazione da parte dell’autore del rischio che possano essere diffuse a soggetti terzi non compresi nell’ambito dei contatti diretti. Questo le rende di conseguenza utilizzabili dal giudice in sede di causa.