Videosorveglianza: il confine tra spazi comuni e spazi ad uso personale
Porta la data del 25 Settembre, l’ordinanza con cui il tribunale di Reggio Calabria ha dato il via libera alle riprese effettuate a salvaguardia della proprietà privata, purché rispettino la duplice condizione di non invadere ambiti di pertinenza esclusiva di terzi e di osservare le disposizioni sulla sicurezza dei dati raccolti.
Ad offrire lo spunto di discussione è stata la richiesta di tutela avanzata da una signora residente al piano terra di uno stabile a più livelli, in disaccordo con l’installazione di un impianto di videosorveglianza voluta dagli abitanti dei piani superiori, in grado di riprendere sia gli spazi comuni sia quelli a suo uso esclusivo.
Secondo il tribunale l’inviolabilità del domicilio, sottolineata dall’articolo 14 della Costituzione, si traduce nel diritto di escludere un soggetto da determinati luoghi e al tempo stesso nel diritto alla riservatezza rispetto a quanto viene attuato negli spazi in questione. Non manca nemmeno il riferimento alla sentenza 14346/2012 della Cassazione, in cui viene stabilito che il titolare del domicilio non può avanzare pretese alla riservatezza quando l’azione può essere visibile anche a soggetti terzi, indipendentemente dal fatto che si svolga nell’ambito di una dimora privata.
Nella fattispecie presa in esame, gli accertamenti condotti dal consulente tecnico d’ufficio avevano accertato che le registrazioni sull’hard-disk venivano cancellate automaticamente dopo 24 ore e il sistema di videosorveglianza era provvisto di una password che non poteva essere gestita dall’utente né da terzi. Per tali ragioni poteva dunque considerarsi rispettato l’articolo 31 del Codice della privacy (D. Lgs. 196 del 2003), il quale – ricordiamo- stabilisce che i dati personali oggetto di trattamento devono essere custoditi e controllati in maniera tale da ridurre al minimo sia il rischio di perdita o distruzione sia quello di accesso e/o trattamento non autorizzato o non conforme alla finalità prevista dalla raccolta.
Ciò nonostante, sebbene la maggior parte delle telecamere riprendessero spazi destinati all’uso comune, ve ne era una orientata in direzione della porta di ingresso ad un locale ad uso esclusivo della ricorrente. In questo caso, risultando violati i diritti alla riservatezza e all’inviolabilità del domicilio il giudice aveva pertanto ingiunto ai residente la rimozione o la schermatura della telecamera.