Supermercati e impianti di videosorveglianza: numerose le irregolarità rilevate dal Garante
Società della grande distribuzione nel mirino del Garante. L’attività ispettiva condotta dall’Autorità ha portato alla luce irregolarità e violazioni della normativa messe in atto da supermercati a discapito delle libertà fondamentali e della dignità dei dipendenti e dei clienti. Le indagini hanno rivelato infatti che molte delle società operanti nell’ambito della grande distribuzione avevano infranto le garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori, dalla normativa sulla privacy e dal Provvedimento generale in materia di videosorveglianza.
Nella fattispecie i controlli hanno rivelato che ben cinque delle società ispezionate non avevano ottenuto un preventivo accordo sindacale né avevano richiesto l’apposita autorizzazione all’ufficio del Ministero del lavoro, secondo quanto previsto dalla normativa in materia. Un’altra società, invece, nonostante avesse ottenuto il via libera dell’ufficio ministeriale all’installazione dell’impianto di videosorveglianza, non aveva rispettato le prescrizioni. Tra le violazioni riscontrate dall’Autorità ricordiamo inoltre la conservazione delle immagini per un arco temporale non giustificato da specifiche necessità e la mancanza di un’adeguata cartellonistica finalizzata a segnalare adeguatamente la presenza degli impianti di videosorveglianza.
Il fatto che i lavoratori siano stati informati o che abbiano acconsentito all’installazione delle telecamere – ha evidenziato il Garante – non basta a soddisfare le specifiche tutele previste dalla normativa o per far decadere il divieto di controllo a distanza. «La legittima esigenza di tutelare il patrimonio, di proteggersi da furti e rapine con impianti di videosorveglianza, non autorizza i supermercati a operare in violazione delle libertà fondamentali e della dignità di dipendenti e clienti», ha ribadito l’Autorità.
Nei confronti di tutti gli esercizi commerciali a cui sono state contestate tali violazioni il Garante ha disposto l’adeguamento entro 30 giorni alle misure prescritte in virtù della normativa sulla privacy e dello Statuto dei lavoratori.