Privacy dei cittadini europei a rischio. Lacune normative a vantaggio dei colossi della rete
Dopo essere riusciti ad aggirare la tanto discussa “web tax” i colossi della rete potrebbero averla vinta anche su altri fronti. Approfittando della consueta lentezza burocratica dei governi potrebbero infatti riuscire a schivare anche le norme che li obbligherebbero a rispettare la privacy dei cittadini europei.
A tal proposito ricordiamo la proposta della Commissione europea datata gennaio 2012 finalizzata ad aggiornare e rendere maggiormente uniforme la normativa in materia di protezione di dati all’interno degli Stati membri. Nell’ambito di tale normativa esiste uno specifico articolo in base al quale anche le imprese con sede legale al di fuori dei confini Ue sono tenute a rispettare precise direttive sul fonte privacy qualora offrano beni o servizi ai cittadini europei.
Alla proposta è seguita una lunga discussione che, complici gli egoismi nazionali e le pressioni esercitate dai big del web, si è arenata in un sostanziale nulla di fatto, con il risultato che le principali lobbies della rete continuano a raccogliere dati dei cybernauti per trasformarli in opportunità di guadagno, accrescendo i propri profitti. Tale comportamento entra in conflitto con il modus operandi delle imprese italiane ed europee le quali, ovviamente, sono chiamate a rispettare le norme per la tutela della privacy degli utenti e non sono autorizzate a profilare a loro piacimento le preferenze e i comportamenti dei navigatori a scopi pubblicitari o di marketing.
La speranza è quella che i governi facciano fronte alla questione in tempi brevi, approvando – se non altro – le disposizioni sulle quali esiste già un accordo degli Stati membri, soprattutto quella volta ad uniformare le regole per gli utilizzatori dei dati dei cittadini europei, indipendentemente dalla sede legale dell’azienda.