Attenzione al click troppo facile. Denunciato per un ‘like’ su Facebook: un breve commento dell’Avv. Frediani
Una volta era il bar, ora è Facebook. Le chiacchiere volatili, ma non per questo prive di consistenza giuridica in caso di disputa, ora vengono appese “in bacheca” e restano scritte per mesi o anni. Un aspetto, quest’ultimo, che nella foga della condivisione e nella illusoria sensazione di protezione data dallo schermo si tende spesso a dimenticare. Sbagliando.
E così fa il giro della rete la notizia di un uomo che rischia un rinvio a giudizio per essere intervenuto in una accesa disputa tra due donne sviluppatasi su Facebook. In realtà, quello che ha fatto scalpore, è che motivo della denuncia non sia stato un post o un commento ma un semplice “like”.
La Procura della Repubblica di Parma ha infatti ritenuto integrato il reato di diffamazione aggravata, perché di fatto cliccare “mi piace” su un commento diffamatorio significa avvallarne il contenuto, pur non avendo aggiunto parole esplicite di approvazione. Ricevuta la denuncia da parte di una donna protagonista di una lite telematica, che ha ritenuto diffamatorio il post e i commenti che ne sono seguiti rivolti alla sua persona, la Polizia Postale è infatti risalita non solo all’autore del post sulla pagina del popolare social network, ma anche a chi aveva commentato o semplicemente cliccato per mostrare il proprio apprezzamento, dando – di fatto- manforte a chi ha pubblicato gli insulti.
Ma è davvero una notizia di cui stupirsi o un utile monito per tutti?
L’Avv. Valentina Frediani commenta:
“La notizia del querelato per aver ‘supportato’ con un like un reato di diffamazione, non mi stupisce più di tanto. Cerchiamo sempre di scovare nella rete delle anomalie, ma quali sarebbero nel caso di specie? Se sono in una pubblica piazza e tra due donne si offendono, e mi metto a dare manforte ad una di queste dicendole “è vero, hai ragione tu” appena finisce di offendere e dare delle poco di buono ad un’altra, non è forse querelabile come condotta per diffamazione? Non è ancor più grave quel simbolo ‘indelebile’ sulla rete che non rafforza una condotta criminosa in un passaggio verbale ma resta impresso in modo continuativo? Il fatto che certe notizie facciano scalpore mi fa pensare che chi utilizza la rete non abbia ancora ben capito la portata dello strumento.”