Diritto d’autore: equo compenso e copia privata, ma solo se la fonte è legale
La Corte di Giustizia Europea, interpellata dalla Corte di Cassazione dei Paesi Bassi, si occupa ancora una volta di diritto d’autore ed equo compenso, affermando: “Il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, in combinato disposto con il paragrafo 5 di tale articolo, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non fa distinzione tra la situazione in cui la fonte a partire dalla quale una riproduzione per uso privato è realizzata è legale e la situazione in cui tale fonte è illegale”.
La Corte europea è chiara, il fatto che non esistano misure tecnologiche in grado di contrastare la riproduzione di copie private illegali non mette certo in discussione quanto affermato.
La riconducibilità della copia pirata al meccanismo riparatorio dell’equo compenso non può trovare alcun tipo di spazio, se così fosse, equivarrebbe ad incoraggiare sempre di più, il crescente ed incontrollabile mercato delle riproduzioni illegali, pregiudicando gravosamente i titolari dei diritti d’autore, ma anche gli utenti finali, che vedrebbero aumentare in modo esponenziale i costi dei materiali protetti messi a loro disposizione.
Una decisione estremamente rilevante, in cui la tematica viene affrontata trasversalmente anche in punto di quantificazione degli importi a titolo di equo compenso: la CGUE afferma l’esigenza di un sistema armonizzato e coerente in tutti gli Stati Membri.