Il gruppo dei garanti detta le regole per un corretto bilanciamento degli interessi
Tra le cause di esclusione della necessità, per il titolare, di richiedere il consenso dell’interessato per procedere al trattamento dei suoi dati personali, si annovera, all’art. 24 lettera g del codice della privacy, il “legittimo interesse del titolare” (“con esclusione della diffusione, (quando il trattamento NDR) è necessario, nei casi individuati dal Garante sulla base dei principi sanciti dalla legge, per perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo destinatario dei dati, qualora non prevalgano i diritti e le libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell´interessato;”).
La regola riecheggia l’articolo 7 della direttiva (45/96/CE), che nella versione inglese si riferisce al “legitimate interests pursued by the controller” e che un incauto traduttore, forse poco avvezzo agli istituti nostrani, ha reso con “interesse legittimo”, rischiando di introdurre del tutto inopinatamente nella normativa italiana sulla protezione dei dati personali uno degli istituti di diritto amministrativo più controversi. Infatti l’art. 7 della direttiva, nella versione ufficiale in italiano, recita “f) è necessario per il perseguimento dell´interesse legittimo del responsabile del trattamento oppure del o dei terzi cui vengono comunicati i dati, a condizione che non prevalgano l´interesse o i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata, che richiedono tutela ai sensi dell´articolo 1, paragrafo 1.”
Sgombrato il campo dagli equivoci, questa volta grazie ad un legislatore nazionale attento e consapevole della confusione che l´inversione dei due termini avrebbe potuto cagionare, è superfluo affermare che il legittimo interesse del titolare nulla ha a che vedere con l’interesse legittimo di diritto amministrativo, e con l’eventuale limitazione dei diritti che il titolare si trovasse a subire in conseguenza di eventuali (e anch’esse legittime) azioni della pubblica amministrazione.
Il Gruppo di lavoro dei Garanti europei si è occupato in questi giorni di meglio delineare il campo dell’esenzione prevista dalla direttiva, dato che non è sempre facile individuare la portata dell´esenzione che presuppone un bilanciamento con il diritto alla riservatezza dell´interessato. A ben guardare, tuttavia, non è la riservatezza l´unico canone da considerare ma vengono richiamati più genericamente i diritti e le libertà fondamentali, un contrapposto interesse legittimo dell´interessato, e nel nostro ordinamento, anche la sua dignità.
Si noti come anche l’esclusione della diffusione – che parrebbe un elemento da considerare se il trattamento si misura alla stregua della dignità – sia stato codificato, invece, preliminarmente dal solo legislatore italiano, che ne ha eliminato in radice ogni implicazione. Il campo di applicazione della norma, pertanto, appare più ristretto nella versione codicistica che in quella fissata nella direttiva.Tuttavia, la differenza principale si ricava nella scelta del legislatore nazionale di demandare il bilanciamento dei contrapposti interessi al solo Garante, anche in linea, probabilmente, con la nostra tradizione istituzionale che fa del bilanciamento degli interessi un´arte sottile da custodire in poche, esperte mani. Infatti, il bilanciamento degli interessi si insinua tra le norme e ne erode la stabilità, rendendole certamente più elastiche ed adattabili al caso concreto, ma a caro prezzo: concedere ad una moltitudine di destinatari la possibilità di tararsi le leggi su misura, ricorrendo ad una valutazione discrezionale dei contrapposti interessi, potrebbe condurre alla vanificazione della normativa, e ad una incertezza applicativa in grado di alimentare controversie e diseguaglianze. Lasciare che il bilanciamento degli interessi resti appannaggio della pubblica amministrazione fa sì che le esigenze di adattamento non sfocino in una eccessiva frammentazione, garantendo, attraverso un atto di Autorità, una applicazione uniforme.
La direttiva, invece, non postula che il bilanciamento sia un atto autoritativo, ma pare consentire una sua applicazione generalizzata. Pertanto, i criteri enucleati nelle 68 pagine in cui si esternano le valutazioni del Gruppo di Lavoro, corredate anche da una casistica volta a guidare il bilanciamento degli interessi nella sua applicazione pratica, potrebbe non avere, nel nostro paese, un impatto così diretto, dato che si tratta di una attività demandata al Garante, e non ai singoli titolari.
Tuttavia potranno certamente fornire utili spunti a coloro che si trovino nella necessità di domandare una verifica preliminare, consentendo di motivare adeguatamente istanze eventualmente volte a cercare, per motivate e peculiari esigenze, una esenzione dall´onere di registrare il consenso degli interessati. O a quei titolari che si trovino a operare su mercati europei ove gli é consentito compiere direttamente il bilanciamento degli interessi.