Facebook allarga il raggio d’azione sui dati degli utenti. Il Belgio reagisce
Privacy e Facebook. La questione che da anni ormai anima accesi dibattiti sulle piazze virtuali e sulle pagine di giornale, torna a far discutere.
La recente conferma di un ulteriore allargamento del raggio d’azione dell’azienda statunitense nella raccolta dati per la pubblicità online ha catalizzato ancora una volta l’attenzione sul controverso e –a parere di molti – ossimorico binomio.
L’ultimo aggiornamento del sistema prevede la possibilità di raccogliere i dati di navigazione degli utenti anche se non connessi direttamente alla propria pagina, lasciando ampie zone d’ombra sulle modalità di raccolta e sulle tipologie di trattamento dei dati raccolti sulle abitudini, sugli interessi e sulle vite dei cybernauti. La modifica estende e intensifica di fatto la presente funzione di registrare i “like”postati dagli utenti, inviando il dato in tempo reale alla casa madre.
Oltre a questa attività, la piattaforma – e questa è la vera novità – potrà condividere le informazioni degli utenti dialogando direttamente con altre applicazioni di cui Facebook è proprietaria, quali ad esempio Instragram, sicuramente una delle più diffuse ed utilizzate. Sul fronte Whatsapp tutto tace. Per ora. L’eventuale interazione tra i due programmi significherebbe la condivisione di centinaia di contatti per ciascun utente, con un controllo quasi assoluto della vita “digitale” dei cittadini.
Una preoccupazione che ha già suscitato la reazione di una Commissione belga sulla privacy decisamente insoddisfatta per le nuove condizioni entrate in vigore a fine gennaio 2015 per gli utenti Facebook. Mancherebbero informazioni sufficienti rispetto all’uso che viene fatto dei dati (il generico “uso a scopi pubblicitari” potrebbe non essere sufficiente per un consenso realmente informato), e soprattutto sulle modalità di scelta (opt-out) senza perdere la possibilità dell’utilizzo della piattaforma stessa. La raccolta attraverso dispositivi differenti e applicazioni multiple, stante le sintetiche nuove licenze, è un fattore aggravante – secondo la Commissione belga – che riduce ulteriormente il diritto alla tutela e gestione dei propri dati personali.
Il social network si dice certo di aver rispettato la normativa europea, offrendo comunque disponibilità ad un incontro chiarificatore.
La domanda, tuttavia, sorge spontanea: come far fronte alla minaccia di un grande fratello?
A parere di chi scrive merita ricordare che se da un lato infatti gli utenti hanno la possibilità di gestire le opzioni privacy della propria pagina social, circoscrivendo più o meno rigidamente il campo d’azione del colosso americano e la visibilità dei post, dall’altro dobbiamo evidenziare che la piattaforma rende visibile di default qualsiasi tipo di contenuto pubblicato a qualsiasi tipo di utente, anche a quelli non direttamente connessi. Il risultato è facilmente intuibile. Dati e informazioni personali alla portata di tutti, a beneficio non solo di perfetti sconosciuti, ma anche dei colossi del marketing in grado di trasformarli in un filtro per risalire alle abitudini e alle preferenze e ai campi di interesse di ciascuno.
Attenzione al clic dunque e ancor più alle impostazioni privacy del proprio profilo personale o di quello aziendale: in una realtà dove il confine tra l’esser cliente e il diventare prodotto non è più così netto e definito, gli unici strumenti con cui possiamo difendere il diritto alla riservatezza – costantemente sotto attacco – sono una conoscenza approfondita degli strumenti e un’accorta impostazione delle condizioni privacy del prodotto utilizzato.