Errata conservazione delle fatture elettroniche: le conseguenze
Accade spesso, purtroppo, che le società che hanno adottato da tempo la conservazione digitale delle Fatture elettroniche si rendono conto di averne erroneamente conservate alcune.
Quali sono le conseguenze?
Al fine di riassumere gli esiti, occorre soffermarsi su due distinte situazioni:
- la conservazione errata delle fatture è stata posta in essere dalla società prima dell’entrata in vigore del nuovo Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (D.M.E.F.) del 17 giugno 2014. Le fatture quindi sono state conservate in violazione di quanto previsto dalla normativa di cui al Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 23 gennaio 2004;
- la conservazione errata è stata commessa in riferimento a fatture emesse dopo l’entrata in vigore del nuovo D.M.E.F. del 17 giugno 2014.
Il nodo centrale è appunto il D.M.E.F. del 17 giugno scorso.
Pertanto, se restiamo nella prima ipotesi, occorre prendere in esame ed applicare l’art. 7.3 della circolare n° 36 del 6 dicembre del 2006 dell’Agenzia delle Entrate, titolato Violazione degli obblighi di conservazione. Effetti. Lo stesso precisa che i documenti conservati in maniera errata e quindi in violazione delle disposizioni di cui al D.M.E.F. del 23 gennaio 2004 prima vigente, non sono più validamente opponibili all’Amministrazione finanziaria.
In sede di controllo quindi la società vedrà che la pubblica amministrazione valuterà le irregolarità commesse al fine di orientare l’eventuale attività di accertamento e di rettifica. Durante il controllo se alla pubblica amministrazione le irregolarità riscontrate risultano gravi, numerose e ripetute tali da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica, la stessa procederà ad accertamento induttivo ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973.
Al contrario, pertanto, qualora le irregolarità non risultano gravi, numerose e ripetute tali da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica, la pubblica amministrazione non procederà all’accertamento sopra indicato.
Il problema quindi è la valutazione effettuata dalla Pubblica Amministrazione sulle fatture errate. La domanda sorge spontanea: quando l’errore non risulta grave, numeroso e tale da alterare l’attendibilità di tutto il processo di conservazione adottato dalla società?
A parere di chi scrive, l’irregolarità potrebbe considerarsi “lieve”, o comunque tale da non pregiudicare la conservazione di tutte le fatture, solo se ci si trova davanti ad una conservazione errata di 4-5 fatture. Non di certo può essere ritenuta tollerabile la conservazione errata di 10 fatture e oltre. Tali numeri dovranno essere presi in considerazione rispetto alla struttura societaria ed al quantum fatturato annualmente.
Si precisa comunque che la mancanza di gravità non tiene alla larga la società errante dalla sanzione amministrativa indicata nell’art. 7.3, penultimo paragrafo, della circolare n° 36 del 2006 dell’Agenzia delle Entrate in analisi, il quale precisa che “anche se le irregolarità nel processo di conservazione dei documenti fiscalmente rilevanti non siano tali da giustificare il ricorso a metodi induttivi di accertamento, al contribuente potranno essere irrogate le Sanzioni tributarie non penali di cui all’articolo 9 del D.lgs. 471 del 1997.” Pertanto, si rischia comunque una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.032 ad euro 7.746.
Per la seconda situazione, relativamente alle fatture emesse dopo l’entrata in vigore del nuovo D.M.E.F. del 17 giugno 2014 e conservate in maniera errata, la soluzione si rintraccia rapidamente considerando che. l’art. 3 comma 3 del decreto. ha eliminato l’obbligo di conservazione quindicinale indicando il nuovo termine di conservazione delle fatture elettroniche, ovvero tre mesi dalla scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione annuale.
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