Tecnocontrolli scagionati dal Jobs Act

18/06/2015
di Valentina Frediani

videosorv_17535209_xlGrande rivoluzione sul fronte dell’utilizzo degli strumenti di controllo a distanza per i datori di lavoro. Fino a oggi, l’azienda ha avuto pochi strumenti in mano per contrastare condotte dei lavoratori talvolta costituite dall’utilizzo improprio della strumentazione, oltre che per adottare soluzioni ottimizzanti per l’attività aziendale che incidentalmente potessero comportare controllo a distanza, poiché tutta la disciplina rispondeva (ed ancora risponde) alle disposizioni dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, vietando i controlli diretti sull’attività dei lavoratori. L’unica concessione ammessa riguardava (ed al momento ancora riguarda!) i cosiddetti “controlli difensivi” ovvero i controlli con lo scopo di tutelare la sicurezza, i beni del patrimonio aziendale piuttosto che intercettare la commissione di comportamenti illeciti.

Un cambio di orientamento sembrerebbe prospettarsi all’orizzonte. Nelle prossime settimane, i dispositivi tecnologici messi a disposizione dei dipendenti dall’azienda e gli strumenti che misurano accessi e presenze, come i badge, potrebbero invece essere controllabili a distanza senza alcuna autorizzazione sindacale. E’ quanto emerge dalla relazione illustrativa che accompagna il testo del Decreto attuativo del Jobs Act con il quale il legislatore delegato dà atto alla “revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica”. Approvato dal Consiglio dei Ministri giovedì 11 Giugno, il Decreto è stato trasmesso alle commissioni competenti di Camera e Senato che avranno tempo fino al 16 Luglio per esprimere il parere non vincolante, dopodiché il testo tornerà al Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva. E’ quindi opportuno chiarire che non si può ancora parlare di art. 4 riformato.

L’art. 23 del D.Lgs, si pone come obiettivo quello di modificare l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, che, scritto nel 1970, non tiene conto degli strumenti tecnologici presenti oggi nelle aziende, quali badge, pc e tablet o altri devices.

La novità della disciplina ruota intorno alla differenza trai controlli sugli impianti e quelli sugli strumenti utilizzati per svolgere l’attività lavorativa e registrare gli accessi.

La prima categoria di controllo rimane esclusa e si riferisce, ad esempio, alle videocamere dalle quali può discendere anche un controllo a distanza sul lavoratore, ma che sono istallate esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale. Negli impianti rimane dunque vigente il necessario accordo collettivo, stipulato con le rappresentanze sindacali, o l’autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o del Ministero.

I controlli che riguardano gli strumenti, invece, includendo pc, telefonini e tablet di proprietà aziendale, sono consentiti ed utilizzabili anche per fini disciplinari e sanzionatori, senza ottenere una preventiva autorizzazione giuslavoristica.

Ciò permetterebbe, da un lato, di evitare un utilizzo diverso dai fini dello svolgimento della prestazione e, dall’altro lato, di legittimare un controllo su una strumentazione di proprietà aziendale. Ma non solo. Questa rivoluzione dovrebbe essere osservata anche con spirito costruttivo: si pensi alle ottimizzazioni che possono derivare dall’adozione di soluzioni di geolocalizzazione collegate a tablet per operazioni coordinate sul territorio, piuttosto che da soluzioni biometriche a protezione di web farm.

Ma si pensi anche a quello che tutti sanno e che nessuno dice, ossia i controlli indiretti che quasi  ogni azienda quotidianamente pone in essere con i sistemi firewall. Tenendo a mente la versione primitiva dell’art. 4 dello Statuto, questi dovrebbero passare da una specifica autorizzazione, se non – in base alla tecnologia dello strumento – addirittura essere fuori mercato perché in contrasto col primo comma di tale articolo. Ma l’intento non è di certo quello di controllare il dipendente, quanto piuttosto quello di innalzare gli standards di sicurezza informatica aziendali, onde prevenire data breach sempre più frequenti e nocivi.

Questa modifica non altera comunque i diritti dei lavoratori, in quanto rimangono assolutamente invariati gli obblighi imposti dal Codice Privacy: condizione imprescindibile per i controlli sugli strumenti infatti è “che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli”, nel rispetto appunto del dettato di cui all’Art. 13 del Codice Privacy. Ciò comporterà un obbligo di adozione di un disciplinare interno per tutte le aziende che vogliano far valere i controlli sui lavoratori e un’opportuna revisione dei regolamenti informativi aziendali già esistenti, nonché ancor più aderenza agli obblighi inerenti nomine ed informative, in considerazione del fatto che tutte le garanzie al lavoratore in caso di definitiva approvazione della modifica all’art. 4, saranno attuate solo con rispetto della normativa privacy.

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