Quando la guida è geolocalizzata, come viaggiano i nostri dati?
Lo scorso 14 Febbraio, il prototipo della Google car, la macchina progettata senza pilota nel suo abitacolo costruita e messa su strada dal colosso di Mountain View, è stata coinvolta per la prima volta all’interno di un incidente stradale la cui responsabilità era interamente ad essa ascrivibile. Dopo più di un milione di chilometri percorsi, sembra dunque che anche la proverbiale infallibilità delle macchine sia messa comunque a dura prova.
Può sembrare secondario ma occorre chiedersi, per comprenderne il valore, su quali dati l’algoritmo della Google car basi le sue scelte. Certamente, i fattori sono molteplici e (soprattutto) segreti. Alcuni di essi potremmo ipotizzare siano legati al codice stradale della zona geografica di circolazione, calcoli sulle variabili metereologiche, etc. Uno su tutti però è in questo contesto di particolare importanza: la rielaborazione dei percorsi già compiuti e tracciati in precedenza da chi, attraverso l’utilizzo di dispositivi di geolocalizzazione, ha comunicato in quanto tempo, a quale velocità e con quali scelte di percorso ha compiuto il suo itinerario.
Spostarsi geolocalizzati
Sempre di più, quest’ultima categoria di dati raccolti, sembra quasi scontata o comunque di non particolare rilevanza. Chiunque ormai infatti, attraverso il proprio smartphone, è in grado di accedere ed utilizzare un sistema di navigazione GPS per effettuare ogni tipo di percorso, sia esso semplice o complesso, e con svariati tipi di mezzi (cicli, motocicli, a piedi in macchina, pubblici ecc.).
Ma quanto spesso ci si pone domande in merito alla destinazione, alle modalità di trattamento ed alla gestione di quei dati da parte di chi li raccoglie e conserva?
Probabilmente la risposta è che, nella maggioranza dei casi, chi utilizza tali modalità di navigazione GPS non ha un’idea perecisa neppure di quale, concretamente, sia il destinatario dei suoi dati. Sulla linea di una crescita di coscienza collettiva su questo punto e su altre tematiche collegate si colloca il progetto, online sulla pagina dell’ACI (Automobile Club d’Italia) di “My Car Data”, rivolto a chi utilizza automobili globalmente connesse e con l’obbiettivo di sensibilizzare la collettività sul problema della proprietà dei dati trasmessi.
I dispositivi in oggetto infatti, non solo inviano dati statistici relativi alle scelte sopraelencate, ma attraverso tecniche che si possono tranquillamente definire profilanti, tengono traccia anche delle abitudini e dei comportamenti al volante dei guidatori. L’ottica non è certo fantascientifica: si vuole perfezionare il novero di servizi offerti al cliente. Maggiore è il numero di informazioni possedute e maggiore sarà il grado di personalizzazione dei servizi offerti.
Campagne come quella di My Car Data possono risultare fondamentali per rinnovare la consapevolezza degli utenti in merito alla loro possibilità di negare o scientemente consentire l’invio di tali dati.
Geolocalizzazione e lavoro
Molto spesso, la dinamica coinvolge anche rapporti definiti in maniera chiara e che si ritengono fuori da ogni inadempimento, quale ad esempio il rapporto di lavoro tra dipendente e datore. In esso, anche a seguito della riforma prevista dal Jobs Act nei confronti dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, sono contenute disposizioni le quali indicano chiaramente che, in mancanza degli adempimenti normativi necessari, l’utilizzo di un sistema di geolocalizzazione installato nella macchina del dipendente configura un potenziale controllo a distanza, con relativa responsabilità sul piano civile e penale per il datore che lo pone in essere.
Un problema come questo investe presente e futuro ed invita a porsi ulteriori riflessioni legate, tra le altre cose, alla titolarità del dato offerto, alle modalità di comunicazione ed alle garanzie prestate dal soggetto destinatario sulla qualità del dato trattato.
L’impatto di questa dinamica risulta, naturalmente, essere di natura europea. D’altronde, non potrebbe essere altrimenti: con il nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali (GDPR), non ci sarà spazio per la non consapevolezza, anche da parte di chi eroga servizi analoghi a quelli indicati. Le sanzioni previste e le misure ivi inserite non lasciano facoltà di incertezza anche nei confronti di coloro i quali trattino il dato georilevato, i quali dovranno conformarsi agli adeguamenti presenti e futuri in materia, in ordine per giungere nella maniera più adeguata possibile al cambiamento imminente con riguardo alla protezione dei dati personali raccolti.