Web marketing, brand protection e concorrenza sleale online: altre pratiche

27/07/2016
di Giulia Rizza

Su Inside Marketing la seconda parte dell’analisi di Giulia Rizza sulle pratiche scorrette che, messe in atto nell’economia e con strumenti digitali, possono danneggiare il patrimonio IP di un brand penalizzandone la presenza sul mercato.

L’avvento di Internet ha comportato il propagarsi di innovative modalità commerciali che oggi assumono primaria rilevanza economica e sociale. Conseguentemente, la società dell’informazione ha visto nascere nuove fattispecie illecite di concorrenza sleale attuata tramite il web.

Continuando la panoramica – già avviata in un precedente articolo di analisi del cybersquatting e dei meta-tag –delle principali pratiche scorrette sviluppatesi nel mondo virtuale, sono di seguito riportate quelle attuate relativamente ai contenuti della pagine web.

Linking

web_14962241_xxlConsiste nella presenza sul proprio sito di collegamenti ipertestuali che consentono il passaggio ad un altro sito. Il “surface linking”, ossia il collegamento con la home page di un altro sito, è lecito in quanto non genera alcuna confusione nell’internauta.Invece, il “deep linking” (collegamento ad una pagina interna di siti altrui) per essere lecito deve essere facilmente riconoscibile, ad esempio predisponendo l’apertura di una nuova finestra del browser. In tale caso, è consigliabile inserire nelle note legali del proprio sito il divieto per i terzi di utilizzare le proprie pagine web con la tecnica del “deep linking”. Su quest’ultimo punto si è espressa la Corte di Giustizia UE, rilevando che non costituisce violazione dei diritti d’autore, la messa a disposizione su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere liberamente disponibili su un altro sito Internet. In tali ipotesi, è quindi possibile linkare opere protette dal diritto d’autore senza l’autorizzazione del titolare.

Framing

A differenza del caso precedente, nel framing la pagina web altrui viene visualizzata all’interno della cornice (frame) del primo sito.
Ne consegue che il contenuto del sito altrui è visibile sulla pagina agganciata, generando confusione nell’utente circa la corretta provenienza delle informazioni pubblicate.
Tale pratica è considerata illecita sotto il profilo della concorrenza sleale confusoria e per l’eventuale sviamento di clientela, nonché in ragione dello sfruttamento parassitario dell’attività altrui.
Anche in questo caso, è consigliabile inserire nelle note legali del proprio sito il divieto di framing.

Mousetrapping

Tecnica volta a “catturare” il visitatore di un sito rendendo difficoltosa la chiusura della pagina, mediante l’apertura continua di pop-up o non consentendo all’utente di tornare indietro.
L’obiettivo è quello di far sì che le pagine web siano visitate dal maggior numero di persone.
Nell’ambito dei procedimenti di rassegnazione dei nomi a dominio, la giurisprudenza W.I.P.O. (World Intellectual Property Organization) è ormai pacifica nel considerare l’uso di tale tecnica un indizio di malafede nella registrazione e nell’uso di un nome a dominio identico o simile al marchio altrui.

Page Jacking

prop_intell_20238682_xlConsiste nel copiare la pagina di un sito web noto inserendola in un altro sito web e, attraverso un sapiente uso dei meta-tags, cercare di manovrare i motori di ricerca affinché tali siti vengano raggiunti dal maggior numero di utenti che crederanno di leggere le autentiche pagine web.
Tale condotta illecita configura sia ipotesi di concorrenza sleale che di violazione del diritto d’autore.

Per elaborare un’efficace tattica di web marketing risulta di fondamentale importanza  predisporre adeguate strategie difensive del proprio brand online. Oltre alle procedure amministrative e alla tutela giurisdizionale, entrambe attivabili successivamente ad una violazione delle proprie privative, è pertanto auspicabile l’adozione di soluzioni preventive.

A scopo cautelativo potrebbe quindi essere valutabile la registrazione di domini frutto di errori di digitazione e di domini difensivi (varianti del dominio principale) nelle principali estensioni; nonché disciplinare puntualmente nelle condizioni d’uso del proprio sito le condotte consentite o meno (ad es. inserendo un divieto esplicito di deep-linking). Allo stesso tempo, l’attivazione di servizi di sorveglianza del web e/o dei registri domini, consentirebbe di venire a conoscenza periodicamente di usi non consentiti del proprio marchio online.

via @InsideMarketing

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