Focus sul rapporto “Il digitale in Italia 2016”
Dal rapporto Assinform, una breve panoramica sui protagonisti del mercato digitale in Italia del 2016 e sui nuovi trend per raccontare l’evoluzione del panorama ICT nazionale. Tra i must di investimento Information Security e policy orientate ad una corretta gestione dei dati, per prepararsi al nuovo quadro normativo prospettato dalla General Data Protection Regulation, in vigore dal maggio 2018.
Segno positivo per il digitale italiano. Dopo il -1,4% registrato nel 2014, il mercato torna ad irrobustirsi, passando dal +1% del 2015 al +1,5% previsto per il 2016. Ed il miglioramento si traduce sia sul piano quantitativo che qualitativo.
I dati Assinform relativi all’andamento del settore ICT 2015-2016 elaborati in collaborazione con Netconsulting evidenziano come alla crescita del mercato abbiano concorso tutti i comparti, ad eccezione dei servizi di rete TLC che tuttavia hanno ridotto il trend negativo passando da -7,1% a -2,4%. Di contro ottimi risultati per il settore dei servizi ICT, dei software e soluzioni ICT, dei dispositivi e sistemi e dei contenuti digitali e digital advertsing.
Ma vediamoli nel dettaglio
Con un incremento dell’ 1,5% i servizi ICT, nello specifico servizi di cloud e data center, raggiungono il secondo posto sul podio del mercato digitale nazionale. Sintomo chiaro della spinta di questo comparto nel passaggio delle aziende verso nuovi paradigmi digitali, in particolare cloud e IoT. Anche sul fronte dei software e delle soluzioni ICT risulta evidente la metamorfosi vissuta dal settore sempre più orientato alle soluzioni installate presso le utenze (+4,7%) e piattaforme per la gestione dei dati e per la gestione web.
Passando al comparto relativo ai dispositivi e sistemi è interessante notare come, nonostante il calo di vendite dei PC e tablet,complice un mercato piuttosto saturo e denotato da poche novità significative, crescono esponenzialmente quelle di smartphone con una percentuale del 9,9% e di servizi in mobilità +8,8%.
Cloud ed Internet of Things rappresentano sicuramente le chiavi di volta strategiche del panorama digitale, elementi essenziali per la digitalizzazione delle imprese di qualsiasi dimensione e settore merceologico, a partire dal manufacturing fino a quelle logistiche e della GDO, passando per il comparto assicurativo, delle utilities, con specifico riferimento all’energy management, e delle smart cities.
Ad azionare il motore dell’economia digitale, alla stregua di un vero e proprio carburante, i Big data e più in generale gli Analytics. Sebbene sia ancora lungo il percorso, per il panorama italiano, verso la maturità d’utilizzo di soluzioni Big Data – ritardo per lo più dovuto a ragioni di natura culturale, organizzativa e gestionale – appare chiaro che la capacità di gestire soluzioni di Analytics apra scenari di business dalle infinite potenzialità. L’analisi e la governance strategica di dati strutturati quali quelli di localizzazione, opena data, dati derivanti da social media o da sensori suggerisce illimitate opportunità a settori come il Marketing e vendite, ricerca e sviluppo, l’area amministrazione finanza e controllo o le risorse umane, giusto per citarne alcuni.
Purtroppo la poco incoraggiante percentuale del 9% rispetto ai casi in cui esiste di fatto un piano orientato alla “creazione e valorizzazione delle competenze di gestione de Big Data” rivela che la strada da percorrere è ancora piuttosto lunga. Le imprese devono imparare a combinare più visioni, tecnologica, business e organizzativa – nell’ottica di creare valore.
Un approccio che nonostante un lento cambiamento nella qualità della domanda, orientata – grazie al ricorso al web, al cloud e alll’IoT – all’innovazione dei servizi, dei prodotti e dei processi, non registra evoluzioni significative in una delle principali fasce produttive del nostro Paese, ovvero la piccola-media impresa- ancora poco coinvolta nella trasformazione digitale. Un gap ancora più marcato in specifiche aree territoriali come il Mezzogiorno.
“Se vogliamo recuperare il gap digitale dagli altri paesi guida, che condiziona la nostra capacità di competere e creare occupazione, dobbiamo agire con concorso di tutto, istituzioni, imprese e territori” – ribadisce Agostino Santoni, presidente di Assinform. “Mai come oggi – aggiunge – appare importante accelerare i grandi progetti di evoluzione digitale. A livello di visione-paese ci sono sviluppi interessanti”.
Senza dubbio sono stati compiuti significativi passi in avanti in direzione della digitalizzazione della PA da parte del Governo. Basti pensare alla realizzazione della fatturazione e pagamenti elettronici della Pubblica Amministrazione, allo SPID, alla realizzazione – ancora in corso – dell’Anagrafe Unica, della Scuola Digitale e della Sanità, sempre più orientata verso l’e-Health.
Al centro della sfida, oltre all’inclusione delle piccole imprese, anche la “creazione diffusa di nuove competenze”, ricorda Agostino Santoni. Ed è proprio alla formazione delle skills richieste dal mercato digitale – frutto di una sinergia dinamica tra una mentalità orientata ai nuovi paradigmi e all’innovazione di prodotti e processi e capacità tecniche – che il Rapporto Assinform dedica un’ampia sezione. Quel che emerge è un evidente divario tra la domanda e l’offerta di profili specializzati nel campo delle nuove tecnologie e nelle nuove professioni digitali, business analyst e data scientist in primis. Per far fronte al divario è essenziale intervenire rapidamente sul sistema della formazione, in particolare sui contenuti dei programmi, non solo le metodologie didattiche, nell’ottica di aumentare il dialogo e lo scambio tra mondo dell’istruzione e quello del lavoro, in particolare delle imprese per la formazione di un capitale umano all’avanguardia.
Nel rapporto emerge dunque la necessità per le aziende di innovare e di aprirsi alla cultura d’impresa. La trasformazione infatti non dovrà svolgersi solo sul piano tecnologico, ma dovrà investire la sfera organizzativa nella sua complessità dal momento che il digitale investe trasversalmente l’azienda in tutte le funzioni e attraversa le relazioni dell’intera filiera sia in riferimento a clienti e fornitori che rispetto agli stessi dipendenti (vd. Smart working).
Tra i “must di investimento” ai quali le aziende dovranno destinare parte delle risorse economiche merita particolare menzione l’ambito dell’Information Security. Una scelta dettata dall’incremento del 30% del cyber crime nell’ultimo anno, complici le nuove criticità e rischi connessi all’ampliamento del perimetro digitale. Questo dovrà necessariamente tradursi in un’allocazione dei budget in modelli organizzativi e nel rafforzamento di policy in grado di individuare le criticità di processi e sistemi e le azioni da intraprendere. Una presa di coscienza resa ancor più improrogabile dall’entrata in vigore della General Data Protection Regulation, applicabile a partire dal maggio 2018. Il nuovo quadro normativo prevede che il trattamento dei dati sia conforme sin dalla fase di progettazione, secondo il principio della Privacy by design.
“Con il Regolamento – evidenzia il rapporto Assinform – la sicurezza e le misure di protezione dei dati diventano protagoniste”. Chiaro segnale di come la trasformazione digitale debba rappresentare una priorità delle aziende unitamente alla definizione di piani di trasformazione digitale in grado di definire, oltre agli impatti sul business, modalità e tempistiche di implementazione.