Intelligenza artificiale e software di riconoscimento facciale
E’ stato recentemente pubblicato su ArXiv[1] lo studio dei ricercatori di Google Brain, la divisione di Mountain View che lavora agli algoritmi di intelligenza artificiale, che ha sviluppato un sistema (c.d. zoom-enanched) in grado di aumentare la risoluzione di immagini estremamente sgranate, fino a ricostruirne forma e struttura. L’algoritmo si basa su un duplice sistema di reti neurali: in primo luogo, analizza un input di migliaia di foto ed immagini di volti umani, identificando le caratteristiche più comuni (c.d. rete neurale condizionante); successivamente la rete neurale principale aumenta la risoluzione dell’immagine di input, aggiungendo i pixel mancanti sulla base delle caratteristiche individuate dall’algoritmo condizionante.
Il software si apre a molteplici utilizzi: non solo quale ausilio nelle indagini, ma anche come strumento per sviluppare campagne di marketing e comunicazione sempre più personalizzate.
Ma cosa si intende per intelligenza artificiale, machine learning e reti neurali?

Arthur Samuel gioca a dama con il computer
In informatica, con il termine intelligenza artificiale si intendono generalmente le metodologie e le tecniche che consentono di progettare sistemi atti a fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che emulino alcune funzioni e ragionamenti tipici della mente umana.
Il termine è stato introdotto da McCarhty nella conferenza del 1956 Dartmouth Summer Research Conference on Artificial Intelligence, che si prefiggeva l’obiettivo di capire come simulare alcuni aspetti del ragionamento umano tramite macchine, e nel cui manifesto il ricercatore statunitense esprimeva l’opinione secondo cui ogni aspetto dell’intelligenza può essere descritto in termini tanto rigorosi da rendere possibile programmare una macchina in grado di simularli.
L’apprendimento automatico (c.d. Machine Learning) rappresenta una delle aree fondamentali dell’intelligenza artificiale. Il termine è stato coniato nel 1959 da Arthur Samuel per identificare quella branca dell’informatica che fornisce ai computer la capacità di imparare senza essere esplicitamente programmato, permettendo alla macchina di svolgere ragionamenti induttivi, imparando dai propri errori e sfruttando la conoscenza di precedenti concetti per velocizzare l’apprendimento di nuovi. Una delle prime applicazione pratiche di algoritmi di machine learning è stato il videogioco della dama, sviluppato negli anni ‘50 da Samuel per il primo calcolatore commerciale IBM.
Intelligenza artificiale sofisticata e Big Data
L’aumento della potenza di calcolo dei processori ha consentito di sviluppare tecniche di intelligenza artificiale più sofisticate, che si basano su un sistema di reti neurali.
Le reti neurali artificiali sono modelli computazionali costituiti da elementi di elaborazione ispirati ai neuroni, connessi tra loro tramite collegamenti in modo da formare uno schema assimilabile ad un basilare tessuto nervoso. Vengono utilizzate nella classificazione di dati in vari gruppi; per riconoscere regolarità, modelli e schemi all’interno di una grande massa di dati; per effettuare predizioni sulla base dei dati di input; ovvero per ottimizzare un risultato già ottenuto con altri mezzi.
Gli algoritmi di intelligenza artificiale trovano applicazione in molteplici aspetti della vita quotidiana: sistemi di controllo (controllo di veicoli, controllo di processi), simulatori di giochi e processi decisionali (backgammon, scacchi), riconoscimento di pattern (sistemi radar, identificazione di volti, riconoscimento di oggetti), riconoscimenti di sequenze (riconoscimento di gesti, riconoscimento vocale, OCR), diagnosi medica, applicazioni finanziarie, data mining, filtri spam per e-mail etc.
In generale, ogni problema che richiede l’analisi e la correlazione di Big Data, necessita l’applicazione di tecniche di intelligenza artificiale.
Il riconoscimento facciale: implicazioni privacy
Uno degli ambiti di maggiori interesse è indubbiamente quello dei software di riconoscimento facciale.
Google infatti non è l’unico big player ad interessarsi alla materia, ma anche Facebook ha recentemente sviluppato Lumos, un sistema che si basa su tecniche di deep-learning che, analizzando quotidianamente video e foto caricati sulla piattaforma, ne estrae le informazioni più importanti (ad es. gli oggetti ritratti, il luogo dove sono state scattate le foto, le azioni che i soggetti ritratti stanno svolgendo), permettendo di cercare immagini non sulla base di tag e/o testi, ma sulla base del contenuto dell’immagine e, soprattutto, continua ad imparare ed a migliorare le proprie performance. In altre parole, in una ricerca per “foto camicia rossa“, il sistema può “vedere” l’immagine, consentendo di trovare le fotografie che contengono una camicia rossa anche se il file immagine non è stato etichettato con queste informazioni.
“Boss sensor” è invece un sistema basato su reti neurali in grado di riconoscere in modo autonomo l’avvicinarsi del capo e rimpiazzare all’istante sul monitor le finestre di svago con serissimi documenti di lavoro.
I software di riconoscimento facciale scatenano tuttavia molte critiche, in particolare dal punto di vista della tutela della privacy e della riservatezza.
Lo scorso anno, ad esempio, il Garante Privacy ha bloccato l’utilizzo del software russo sviluppato da Artem Kukharenko e Alexander Kabakov, in grado di riconoscere il 73% delle persone in un milione di scatti, per schedare coloro che chiedono finanziamenti, stabilendo che
“non può ritenersi necessario e proporzionato un uso generalizzato e incontrollato dei dati biometrici dei clienti che, tra l’altro, si possono prestare a utilizzi impropri e possibili abusi“.
Lo stesso Garante si è, invece, successivamente espresso a favore dell’utilizzo di un sistema di videosorveglianza dotato della funzionalità di riconoscimento facciale presso lo Stadio Olimpico, qualora
“il sistema sia utilizzato direttamente ed esclusivamente da operatori appartenenti alle forze di polizia, all’esclusivo fine di prevenzione, accertamento e repressione delle condotte per le quali è previsto il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, ovvero di più gravi reati”.

HyperFace Prototype by Adam Harvey / ahprojects.com
L’hacker ed artista Adam Harvey ha affrontato il tema della tutela della riservatezza da un’altra prospettiva, ideando un tessuto (Hyperface) che sembra avere occhi, labbra ed altre caratteristiche che un computer può interpretare come un volto umano, e che manda letteralmente in tilt i software di riconoscimento facciale.
Per evitare di farsi taggare su social network, invece, l’azienda olandese Avg Innovation Labs ha lanciato una spilletta/badge, collegata ad un programma che sfrutta un algoritmo in grado di riconoscerla ed oscurare i tratti del volto della persona che la indossa dalle fotografie caricate sul web.
Per concludere
L’intelligenza artificiale è indubbiamente un argomento in continua evoluzione, che prospetta numerose criticità, sia per le ripercussioni etiche e morali che per il rispetto dei diritti degli interessati, in ragione anche della mancanza di specifiche norme regolatrici. Sul punto, il Parlamento Europeo ha recentemente adottato una risoluzione con cui i deputati comunitari invitano la Commissione ad adottare un quadro di norme volte a disciplinare in maniera unitaria l’irrefrenabile ascesa della robotica e dell’intelligenza artificiale in U.E. La risoluzione pone in particolare l’attenzione su quelli che sono considerati gli aspetti più delicati della materia: la responsabilità civile delle macchine, l’impatto sul mercato del lavoro e i risvolti etici, la privacy e la tutela dei dati acquisiti e trasmessi da tecnologie che invadono sempre di più la vita dei cittadini.
Note
[1] Server della Cornell University che ospita le pubblicazioni scientifiche prima della loro divulgazione su riviste specializzate.